La pace a pezzi

di 28 Maggio 2025

Il supremo pacificatore definisce ‘assolutamente pazzo’ colui al quale voleva direttamente commisurarsi. Precludendo la presunta unica via d’uscita dal dedalo ucraino, nel quale Putin si è asserragliato. 

Un cessate il fuoco ‘temporaneo’ non potrà avvenire, dicono al Cremlino, che in caso di raggiungimento di accordi destinati ad “eliminare le cause prime di questa crisi”. Esasperato, Trump ha precisato che se i negoziati non verranno intrapresi immediatamente ‘mi tirerò indietro’. Dal canto suo Zelensky, disperando della mediazione americana, continua ad ammonire che ne va dell’intera sicurezza continentale. 

Nella partita in corso fra un ostinato e un dissennato, non può sorprendere che l’Unione europea fatichi ad emergere. Il cerchio si starebbe però restringendo attorno all’irremovibile Putin che, essendosi precluso ogni via d’uscita e bruciato ogni ponte alle spalle, alza la posta nei confronti di quel che definisce “l’Occidente collettivo”.

Quell’Occidente euro-atlantico, che intende disgregare. Senza riuscire peraltro nell’anacronistica ambizione di ristabilire l’antico rapporto, da superpotenza a superpotenza, con Washington. 

Trump si sarebbe rassegnato ad ammettere che “questa era una questione europea e dovrebbe rimanere tale”. Sorprendente, sia pur tardiva, riconoscimento della necessità di coinvolgere gli europei, se non l’Unione in quanto tale. 

L’Europa si affida per ora ad un quartetto di ‘volenterosi’. Rispetto al quale l’Italia si dichiara “pronta a fare la sua parte”, pur tardando a definirla. Il nostro Ministro della Difesa si trincera dietro al necessario coinvolgimento dell’Unione e delle Nazioni Unite. “Qualora ci fosse una decisione del Consiglio di Sicurezza, quindi anche con il voto della Russia” concorda il Ministro degli Esteri. Una contraddizione in termini, che si traduce in una implicita rassegnazione.

Una situazione sostanzialmente non diversa da quella in Medioriente. Rispetto alla quale Elie Wiesel ammoniva che “l’opposto della pace non è la guerra, ma l’indifferenza alla guerra”. 

 La tragedia a Gaza non può essere infatti imputata soltanto all’ormai inaccettabile comportamento di Netanyahu, ma anche, forse soprattutto, al prolungato disinteresse dell’intera comunità internazionale, americana, europea, ma soprattutto araba, per la questione palestinese. Che non può rimaner preda del terrorismo di Hamas, ripudiato dal Fatah di Abu Mazen senza il concorso dell’intera comunità regionale, incluso l’Iran.

Se l’America si dissociasse da ambedue tali aree di crisi, come Trump si dimostra intenzionato a fare, ne scaturirebbe un vuoto strategico difficilmente colmabile. Ma la Russia di Putin se ne avvarrebbe per perseguire il proposito di dislocare l’intero vigente sistema internazionale. Dal quale l’esistenza della stessa Europa dipende.

Siamo tornati, parrebbe, all’immediato dopoguerra. A Yalta, alla Guerra fredda, alla stessa Comunità Europea di Difesa il cui fallimento ha arrestato l’integrazione politica del continente. 

Comunque, ancora e sempre, ‘spero, promitto e juro reggono il futuro’.

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