“La pace sia con tutti voi”, ha esordito il nuovo Pontefice dalla Loggia di San Pietro.
Non soltanto la pace nei cuori, si deve supporre, ma anche quella che fatica ad imporsi nei tanti conflitti che dilaniano il mondo. Un mondo del quale persino l’America sembra aver perso la conduzione.
Che l’insegnamento cristiano dovrebbe tornare ad illuminare. “Il mondo ha bisogno della luce di Cristo”, ha infatti subito aggiunto Leone XIV. “In un mondo così aridamente tecnologico, si è tornati al fascino del sacro”, ha precisato il Cardinale Ravasi che al Conclave, ultraottantenne, non ha partecipato. La medievalista Silvia Ronchey, del suo predecessore Papa Francesco, ha detto che “tratteneva la deflagrazione della nostra cultura, anche quella laica, dalla perdita di senso”.
Di fronte all’evidente sterilità degli appelli alla pace, alle accuse di inefficienza rivolte all’ONU, di inconsistenza all’UE, si dovrà continuare a dirlo anche della Chiesa di Roma, che sembra anch’essa inascoltata in un mondo in cui, al cospetto delle tragedie in Ucraina, in Medioriente, paiono prevalere la rassegnazione, l’indifferenza?
Non sarà certo la Chiesa ad imporsi fra i ‘Grandi della Terra’. Potrebbe però servire a risvegliare la coscienza dell’intera umanità, in un mondo andato palesemente alla deriva. Una Chiesa che, pur professandosi aperta, inclusiva, rimane ancorata ai principi dottrinari che nei secoli hanno innervato l’Occidente.
Alla quale dovremmo dunque tornare a riferirci, per dissipare il cacofonico vaniloquio che sommerge i rapporti internazionali e le stesse nostre società ‘digitali’. Che ostacola la ricerca meticolosa e paziente, propria della diplomazia, di formule negoziali destinate a produrre le “paci giuste e durature” che gli attuali tempi turbolenti richiedono.
Incoraggiato da Trump e dal neo-quartetto europeo, Zelenski aveva accettato un confronto diretto con Putin al quale quest’ultimo, anche con Trump, si è negato, a conferma della sua irriducibilità. Sull’altro fronte, quello mediorientale, il solito primo viaggio di Trump in Arabia ha accuratamente evitato la questione palestinese, distanziandosi persino da Israele, servito com’è stato essenzialmente a rimpinguarsi il patrimonio personale.
Ovunque, in assenza di un cessate-il-fuoco, premessa indispensabile per l’operato della diplomazia, la “pace giusta e duratura” appare purtroppo destinata a rimanere una chimera; le stragi continueranno imperterrite.
(Dal canto suo, anche Pechino rimane alla finestra. La sua presenza sulla Piazza Rossa a Mosca ne ha semmai dimostrato il ruolo di stampella, ben diverso dal formalmente dichiarato ‘partenariato senza limiti’. Il separato comunicato cinese ha infatti registrato la necessità di “rifondare il sistema di gestione globale del mondo”, con la disponibilità ad “assumere una responsabilità particolare”. Non proprio sulle posizioni di Mosca.)
In tale generale stato confusionale, l’Europa, fatica a farsi ascoltare esautorata com’è da Putin, da Netanyahu e ora anche da Trump. Anche se conferma la disponibilità dei ‘volenterosi’, francese, tedesco, inglese e polacco. Non dell’Italia, che si lamenta di essere esclusa mentre è lei stessa ad eclissarsi, per le persistenti opposte visioni di politica estera nella coalizione governativa e nella stessa opposizione.
La visibilità dell’Occidente potrebbe quindi essere forse affidata alla Chiesa di Roma, che l’ha tenuto bene o male assieme nelle tante vicissitudini affrontate nel corso dei secoli, comprese quelle verificatesi fra gli stessi Stati cristiani. Un ruolo protrattosi dal diffondersi delle confraternite monastiche durante i ‘secoli bui ‘ fino al progetto di integrazione europeo dovuto ai cattolici Adenauer, Schuman e De Gasperi. Proponendosi sempre come termine di riferimento, se non vero e proprio cardine, della convivenza umana.
In un’epoca di nazionalismi esasperati, la cerimonia d’insediamento del nuovo Pontefice ha se non altro evidenziato l’omaggio di tutte le nazioni, cattoliche e non, alla Chiesa di Roma che si vuole universale nel suo insegnamento e che, a differenza di altre confessioni, dispone di una struttura meta-statuale e di una diffusa rete di presenze accreditate all’estero. Leone XIV ha potuto quindi rivolgere le sue invocazioni all’insieme dei governanti mondiali.
Fornendo una rara occasione per una serie di incontri bilaterali, utili a schiarire più di una atmosfera. Ad evitare la ricomparsa di quell’ognun-per-sé che l’Occidente liberal-cristiano aveva voluto scongiurare convocando le ‘nazioni unite’ al termine del devastante secondo conflitto mondiale.
Una funzione prettamente politica, confermatasi con Woytila, quando i successori di Stalin dovettero misurarsi con “le divisioni del Papa”. E se l’Occidente, quell’ “Occidente collettivo” con il quale Putin si è dichiarato in guerra, fosse ormai sublimato nella Santa Sede?
In tempi non molto diversi da quelli che stiamo vivendo, Agostino, nume tutelare del nuovo pontefice, esortava a “rientrare in noi stessi”. Per collegare finalmente il breve al lungo termine, il pragmatismo all’ideale, il secolare al trascendente.