Quest’anno, il Nove maggio si celebrano simultaneamente il ‘Giorno dell’Europa’ e, sulla Piazza Rossa, quello ‘della Vittoria’. Uno sguardo al passato e uno al futuro, che andrebbero finalmente riconciliati.
Inverosimile invece moralmente, quanto politicamente inaccettabile, è che non soltanto persistano, fuori controllo, l’aggressione all’Ucraina e il conflitto mediorientale, quanto l’indifferenza di una comunità internazionale rassegnata, piuttosto che impotente o indecisa sul da farsi.
Un secolo di tragiche esperienze è apparentemente trascorso invano. Figlia del collasso dell’Impero ottomano, la questione palestinese si trascina senza alcuno sbocco negoziale. Parimenti, il comportamento di Putin ricalca quello della Prussia di Bismarck, nel pretendere la preponderanza della Russia nelle questioni continentali. Continuiamo a “recitare il nostro passato”, come diceva Henri Bergson all’inizio della prima guerra mondiale. I tempi non paiono essere cambiati.
Così come la rivoluzione industriale nell’Ottocento, l’imporsi della tecnologia, e la preminenza della finanza e delle comunicazioni, determinano condizioni che sfuggono al controllo dei singoli Stati, ostacolandone la capacità decisionale.
Sterili si dimostrano i presuntuosi tentativi di soluzione di Trump, che non scalfiscono le mura del Cremlino né quelle di Tel Aviv. Patetica appare l’inefficacia di un’Unione europea che tanto Mosca quanto Washington disdegnano. Evidente è la necessità di ristabilire l’autorevolezza delle istituzioni internazionali. Mosca ripudia invece apertamente l’autorità dell’ONU, dichiarandola uno strumento di egemonia occidentale; da sostituire con una ‘nuova architettura di sicurezza’ che consacri separate sfere di influenza.
Nell’apparentemente inestricabile congerie di crisi che stiamo vivendo, l’impianto multilaterale, cardine del sistema internazionale liberale, rimane l’indispensabile termine di riferimento. In quel ‘realismo etico’, fra le urgenze di breve termine e le esigenze di più lungo periodo che, dalle due sponde dell’Atlantico, il pastore protestante Niebuhr e il nostro Don Sturzo sollecitavano all’inizio della Guerra fredda.
Nell’indispensabile ristabilimento del legame transatlantico, essenziale per le sorti dell’Occidente, al quale lo stesso neo-eletto Papa Leone XIV potrà dedicarsi.