Il Papa ‘venuto dalla fine del mondo’ ci ha lasciato, alcuni dicono intenzionalmente, subito dopo aver concelebrato la Pasqua; nel bel mezzo dell’Anno Giubilare.
Congedandosi nel momento più intenso della liturgia religiosa, l’eredità del suo pontificato, in un mondo che sembra aver perso ogni termine di riferimento, potrebbe risultarne esaltata.
Il Gesuita ammantatosi del saio del ‘poverello’ di Assisi rovesciò il rigore dottrinario del suo predecessore, dimissionario anche per la mancata rispondenza di una comunità internazionale in disfacimento. Dedicandosi piuttosto a sollecitare la coscienza dell’umanità dal basso, dalle condizioni della vita vissuta piuttosto che dalle vette della teologia,
Un patrimonio, quello trasmessoci da Francesco, al quale dovrà ricorrere l’intero Occidente per recuperare la tradizione cristiana che, affiancata a quella greco-romana, lo contraddistingue; in una fase in cui, più che convintamente secolare, appare rinunciatario.
I suoi ammonimenti ‘urbi et orbi’ (“nessuno si salva da solo”, disse durante l’epidemia del Covid; “una guerra mondiale a pezzi”, al cospetto del disfacimento dell’ordinamento internazionale), la studiata umiltà del suo atteggiamento (“chi sono io per giudicare” le diffuse questioni di genere), le riflessioni trasmesse con le sue encicliche (‘Laudato si’, di diretta ispirazione francescana) rimarranno incise nella generale consapevolezza.
Rivolgendosi di preferenza ai derelitti, al ‘terzo mondo’, ha rivitalizza la dottrina sociale della Chiesa, in termini ben diversi dalla ‘teologia della liberazione’ della sua terra d’origine. Socchiudendo alcune porte senza cedere sulla sostanza, ha suscitato le critiche dei conservatori quanto quelle dei progressisti.
I suoi appelli alla riconciliazione degli animi non sono riusciti a far breccia nel comportamento dei contendenti in Ucraina, in Medioriente; ai quali d’altronde si è prudentemente astenuto dal rivolgersi più esplicitamente, ben consapevole del possibile effetto dirompente del suo magistero.
Significativo però è che al Cairo il suo interlocutore lo abbia accolto come ‘icona umanitaria’. La ‘vox clamans’ della Chiesa di Roma torna forse a manifestarsi, riproponendone il ‘soft power’ nel sopravvenuto deserto delle coscienze secolarizzate, così come in una comunità delle nazioni che pare aver perso ogni orientamento.
L’inatteso incontro con l’auto-definitosi ‘baby cattolico” vice presidente americano ha costituito l’ultimo tentativo di persuasione di un Pontefice che ha voluto rendersi esemplare con il proprio atteggiamento piuttosto che soltanto con il suo insegnamento.
“Con la cultura degli aggettivi e degli avverbi, ci siamo dimenticati dei sostantivi”, ebbe occasione di dire una volta, deplorando che l’istinto prevalga sulla sostanza.
“Me la vivo come posso”, è stata una delle sue estreme estemporanee dichiarazioni.