L’Ambasciatrice d’Italia a Parigi è stata convocata al Quai d’Orsay per raccoglierne la riprovazione, se non l’indignazione, per gli epiteti offesivi indirizzati al Presidente francese da un nostro Vice Presidente del Consiglio.
Una circostanza alquanto inconsueta fra le due ‘sorelle latine’, accomunate dall’appartenenza all’Unione europea e alla NATO. Già accaduta peraltro con un altro governo italiano, quando fu invece l’Ambasciatore francese a Roma ad essere richiamato in patria.
I rappresentanti diplomatici finiscono spesso per subire i contraccolpi del comportamento dei governi che rappresentano, a scapito della loro primaria funzione di rappresentanza e reciproca comprensione. Finendo col trovarsi talvolta nella condizione di interruttori, se non persino di fusibile, nel circuito comunicativo. La sua presenza rimane pertanto pur sempre necessaria.
Salvo il caso di ‘rottura’ dei rapporti diplomatici, nelle situazioni estreme di aperto conflitto politico o militare, i Governi possono ritenere opportuno ricorrere al richiamo dell’Ambasciatore: temporaneo, ‘per consultazioni’, o prolungato, affidando la sede ad un suo collaboratore, quale ‘incaricato d’affari’.
Una tale eventualità era stata evocata nel caso dell’uccisione del giovane Regeni al Cairo. Una decisione che avrebbe reso manifesta la nostra irritazione per l’insufficiente collaborazione delle autorità egiziane, ma ridotto sensibilmente le residue possibilità di interazione. Diverso, anche se analogo, all’avvento di Pinochet, il mancato ritorno in sede del nostro Ambasciatore in Cile al termine di un suo congedo.
In alcune situazioni di particolare criticità, la rappresentanza diplomatica può esser ridotta ai minimi termini. Ciò accade anche nei casi di espulsione di funzionari di un’Ambasciata, dichiarati ‘persona non grata’ per motivi, reali o pretestuosi, di interferenza negli affari interni dello Stato di accreditamento.
L’attuale stato dei nostri rapporti con Mosca è stato evidenziato, più che dalle proteste espresse a quel nostro Ambasciatore per la presenza di nostri giornalisti attivi sul campo di battaglia in Ucraina, dalle recenti offese della portavoce di quel Ministero degli Esteri al Presidente Mattarella, per aver deplorato, da Hiroshima, le minacce nucleari ripetutamente espresse da esponenti del Cremlino del calibro di Medvedev e Lavrov.
Una circostanza, quest’ultima, che ha giustificato appunto la convocazione dell’Ambasciatore russo al nostro Ministero degli Esteri, per esprimere per suo tramite le più vibrate rimostranze. Rispondendo implicitamente in tal modo anche alle sue pubbliche lamentele per il “calo dei rapporti di fiducia con l’Italia”.
Che hanno apparentemente suscitato gli stessi volgari insulti rivolti da un popolare presentatore televisivo russo alla nostra parlamentare europea Pina Picierno, per averne impedito la partecipazione ad una trasmissione italiana. Episodi tutti che paiono peraltro rivelare la particolare attenzione del Cremlino a quel che considerano la persistente fragilità della nostra situazione politica.
Di questi tempi, a Parigi come a Mosca, a Roma e altrove, i rappresentanti diplomatici si trovano a dover far fronte anche alla diffusa esasperazione degli animi.
In attesa che le acque si calmino, coll’auspicabile mutare delle circostanze.