L’orfana Europa

di 19 Febbraio 2025

A metà degli anni sessanta, Manlio Brosio, Segretario Generale della NATO, raccomandava di “non sacrificare l’Alleanza ad una falsa distensione” (con l’URSS).

Un ammonimento che vale tuttora, nel momento in cui il presidente americano ha deciso di blandire l’antagonista russo. Un’ambizione che, piuttosto che il 1938 di Chamberlain e Daladier con Hitler a Monaco, rievoca il 1945 di Roosevelt a Yalta. L’annuale Conferenza sulla sicurezza di Monaco, che nel 2007 aveva registrato il cambio di rotta di Putin, ha fornito la settimana scorsa l’occasione al neo Vice-presidente americano per voltare ostentatamente le spalle all’Europa.

Attirata nuovamente in un continente che non riesce a superare il proprio passato, la nuova amministrazione americana esclude però il coinvolgimento dell’Unione. Limitandosi per ora a restituire a Mosca il perduto status di superpotenza, a danno non soltanto della fascia di Stati, dall’Ucraina al Caucaso, che costituirebbero la nuova cortina di ferro, ma della stessa credibilità dell’Articolo 5 del Patto atlantico.

Un esito devastante che il novello Mosè americano, varcando l’odierno Mar Rosso verso una nuova terra promessa, ritiene di poter imporreall’intero assetto europeo, alzando la posta in gioco per un’Unione europea che, direbbe un redivivo Stalin, non dispone delle divisioni necessarie alla bisogna.Piuttosto che di potenza militare, è però di potere politico che l’Europa deve urgentemente dotarsi.

All’Europa non spetta infatti il compito di costituire in fretta e furia un improbabile esercito europeo, bensì quello, residuale ma essenziale, di ristabilire le norme dell’internazionalismo liberale, delle quali è apparentemente rimasta l’unica depositaria. Nell’esporre le responsabilità passate e future di una Russia, che potrebbe essere indotta ad estendere le sue mire non tanto, come si dice, verso i paesi baltici o la Polonia, membri della NATO, quanto verso la Georgia, l’Armenia, la Moldova, persino i Balcani occidentali, che alla NATO e all’Unione ambiscono aderire. 

Nei confronti di un alleato che agisce impulsivamente, rivolto soprattutto a soddisfare il proprio ego, l’Europa ondeggia invece ancora fra gli ‘atlantisti’ del nord, i ‘gollisti’ francesi, i ‘putiniani’ ungheresi e slovacchi, e gli ‘equivicini’ fra i quali primeggia un’Italia che si era illusa di fare da anello di congiunzione transatlantico. La Francia ha pertanto ritenuto ancora una volta necessario suonare la sveglia.

Macron ha ritenuto opportuno convocare una consultazione d’emergenza fra i paesi europei più rilevanti ai quali ha associato il Regno Unito e i vertici dell’Unione e della NATO, non per decidere un piano d’azione da contrapporre alle intenzioni di Stati Uniti e Russia, quanto piuttosto per confermare la coerenza occidentale nel contrastare la perdurante ambizione di Mosca di disintegrare il collegamento transatlantico mediante un ricostituito rapporto bipolare russo-americano.

Un’Unione che, nelle materie di politica estera e di sicurezza di competenza intergovernativa, può e deve ormai demoltiplicarsi, nel distinguere gli Stati ‘disponibili e in grado’ di agire anche al difuori delle costrizioni istituzionali dell’Unione. Proiettando all’avanguardia il ‘gruppo di Weimar’ fra Francia, Germania e Polonia. Al quale si assocerà il Regno Unito. E dal quale l’Italia deve preoccuparsi di non rimanere esclusa.

Le giravolte che contraddistinguono ambedue gli schieramenti politici italiani finirebbero invece con l’emarginarci da ogni influenza tanto nell’Unione europea quanto nell’Alleanza transatlantica, per non dire da quel rapporto privilegiato del quale ritenevamo di poter disporre non soltanto a Washington, ma persino a Mosca. 

Dove le constatazioni del nostro Presidente della Repubblica hanno suscitato la stizzita reazione della portavoce di quel Ministro degli Esteri.

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