L’annunciato incontro russo-americano in territorio saudita dovrebbe non già, come si va frettolosamente dicendo, ristabilire l’antico duopolio preteso da Mosca, quanto semmai verificare la disponibilità del Cremlino a reintegrare, tanto in Ucraina quanto in Medioriente, la comunità delle nazioni maggiormente responsabili della conduzione delle questioni internazionali.
Un’ampia apertura di credito viene per ora accordata all’irruenza di un Presidente che, confondendo diplomazia e megafono, presume di poter allentare, se non sbloccare, l’attuale ingorgo internazionale.
Una situazione non dissimile da quella di un secolo fa. Quando, dopo la Grande guerra, l’America si ritrasse dall’Europa, la Russia si isolò dal mondo esterno, la Germania si risentì dell’umiliazione subita, e la Cina si risvegliò dal suo asiatico torpore. Lasciando l’Europa in preda ai suoi incubi; e un Medioriente incapace di prendere coscienza di sé.
Ci vorrà pertantodel tempo per valutare la consistenza delle intenzioni dei due principali protagonisti. Valutare, in altre parole, se e in quale misura i rapporti internazionali potranno riappropriarsi del senno apparentemente perduto.A tal fine bisognerà assicurare che le scosse di assestamento in corso dalla fine della Guerra fredda siano finalmente accudite congiuntamente dagli attori più esposti. Europa compresa.
Altrimenti, nella perpetua oscillazione fra guerra e pace, con una Russia refrattaria ad ogni contatto esterno e una fazione palestinese dichiaratamente terroristica, ogni soluzione ‘giusta e durevole’ continuerà a rivelarsi evanescente. Andando ad infrangersi contro l’intransigenza di quanti inalberano l’interesse nazionale a scapito di una ragion di Stato che le odierne circostanze hanno radicalmente modificato.
Piantare la bandiera americana a Panama, a Gaza, su Marte, quella russa sull’Ucraina (o quella cinese su Taiwan) non può certo mettere un punto fermo sui rapporti internazionali. Il previsto incontro fra titani sulla questione ucraina, in assenza e a spese dell’Europa (nel dileggio di un Medvedev, ventriloquo di Putin, che la descrive come ‘zitella gelosa’), non potrà certo assicurare la necessaria soluzione duratura.
Si trascinerà piuttosto la contrapposizione fra cosmopolitismo e nazionalismo, fra idealismo e pragmatismo, fra l’universalismo del “Deus sive natura” di Spinoza e il fatalismo della “guerra sola igiene dell’umanità” di Marinetti. Disperdendosi ogni cognizione del “bellum justum” di Tommaso d’Aquino, Grozio e Hegel.