Dimmi se un modo c’è/per tornare da te.
Alla fermata della metro Roodebeck uno swingato motivetto italiano di una canzone sdolcinata e banale creava il giusto sottofondo alla solitudine dei pochi passeggeri in attesa.
Cos’è la letteratura, se non un modo per tornare indietro? Io, almeno, ho sempre pensato che la scrittura fosse un processo molto simile al sogno, che riesuma i fatti dall’esperienza e dalla coscienza, e li rielabora: ne fa quello che vuole, il sogno.
Ero allora tornato a Bruxelles, dove avevo vissuto per molti mesi, dopo dodici anni, un terzo della mia vita. Dodici anni dopo, un lavoro una missione una moglie e due figli dopo, la pioggia sottile e il freddo secco li avvertivo (adesso) come un sollievo dalle lunghissime estati torride, col sole violento della Sicilia. Uno scarto climatico che avverte anche Ignazio Corrao, che al Parlamento europeo ci è stato per due legislature e che oggi vive a Bruxelles con la sua famiglia. È lui che presenta il libro alla “Piola”, il vero centro di cultura italiana della capitale europea. Mentre passeggiamo al Parc Léopold, dopo le rituali frites di place Jourdan annaffiate dalla Grimbergen, mi spiega perché ha deciso di non ricandidarsi e di rimanere a Bruxelles, e penso che l’Italia avrebbe bisogno di persone come lui, oggi.
La presentazione va bene, è partecipata, si trattengono alcuni ragazzi interessati all’argomento delle mafie che si accaparrano impunenemente i fondi comunitari. Una di queste, Camilla, si trattiene al punto che io e Ignazio la portiamo con noi a mangiare – di nuovo – le frites di place Jourdan. Forse anch’io, dodici anni prima, dopo una presentazione avrei agganciato l’autore e fatto lo stesso.
La letteratura mi aveva riportato indietro, dodici anni dopo.
Camilla è giovane, avrà venticinque anni, viene da Milano, ma è già delusa dell’Italia. Ha un contratto di un paio d’anni con la Commissione Agricoltura, ma in Italia, giura, di non volere mettere più piede. È una che vuole che le cose siano trasparenti, che le cose siano regolari, che la passione e l’impegno abbiano le giuste ricompense, e ha capito che l’Italia non fa per lei.
Dimmi se un modo c’è/per tornare da te.
Il motivetto sembra non essere cessato. Camilla per adesso non torna. Ma mentre parla serrando il bicchiere col suo cocktail analcolico penso che l’Italia avrebbe bisogno di persone come lei, e lei di un’altra Italia.
Un’altra Italia la meritava anche la passione e l’impegno di Giovanni Falcone, invidiato e quindi inviso da buona parte della magistratura per la sua formidabile capacità comunicativa con cui ha fatto conoscere al grande pubblico le dinamiche di Cosa nostra. Un altro Paese e un’altra magistratura avrebbe valorizzato queste doti: e infatti doveva arrivare dalla Francia una giovane giornalista, Marcelle Padovani, a fare entrare il pensiero di Falcone, attraverso la consacrazione letteraria di un libro-intervista, nel pantheon dei valori della Repubblica, della magistratura, di ogni cittadino italiano. Senza Marcelle non avremmo oggi tra le mani il più efficace libro sulla mafia di ogni tempo (“Cose di cosa nostra”), né avremmo la più completa radiografia del pensiero sciasciano (il libro-intervista al maestro di Racalmuto “La Sicilia come metafora”).
Ecco perchè, esattamente un mese dopo la presentazione di Bruxelles, ho titubato un po’ prima di entrare ne “La Libreria”, una deliziosa bottega di libri italiani e francesi nei pressi di Montmartre gestita da Florence e Andrea, perché quasi dubitavo che stesse accadendo davvero. Invece Marcelle era già lì: ed era veramente lei.
Della presentazione dirò poco anzi niente: il numero di persone, il grado di interesse, le parole di Marcelle erano lì a segnalare che qualcosa di imponderabile e onirico si stava svolgendo tra i serrati scaffali bilingue e le luci soffuse della libreria. Il ritorno a Falcone e a Sciascia attraverso un romanzo che aveva in copertina il mio nome, accompagnati per mano, tutti i presenti, dall’energica lucidità di chi quei personaggi aveva contribuito a rendere immortali, era davvero troppo.
Gli appunti che Marcelle ha preso sul libro li ho requisiti, come avrei fatto in altri tempi con la scaletta stropicciata di un concerto rock che ero riuscito a seguire in prima fila e che mi aveva fatto urlare tutti i ritornelli con gli occhi lucidi. Non adesso, ma più avanti, molto più avanti, riprenderò quegli appunti e a matita, con tratto leggero, in qualche angolo, ci scriverò: Marcelle Padovani, Paris, 14.11.2024; e ritornerà in mente il motivetto swingato Dimmi se un modo c’è/per tornare da te.
In fondo, cos’è la letteratura, se non un modo per rievocare il sogno?