Non soltanto Israele…  15/10

di 15 Ottobre 2024

Al cospetto dell’estendersi della crisi in Medioriente, l’emozione obnubila il ragionamento (per l’Ucraina, a noi più vicina, non c’è invece più nemmeno l’emozione!). 

Gli alti lai levatisi a sostegno della causa palestinese continuano a sovrastare le flebili difese delle ragioni di Israele. L’intero Occidente si macera in introspezioni auto-accusatorie, riversando su quella enclave democratica l’intero peso di quel che sta accadendo. Eppure è dei nostri cugini che si tratta, la cui esistenza è messa in pericolo (al pari delle comunità cristiane orientali).

Negli anni, ogni prospettiva di soluzione si è rivelata evanescente; così come, si direbbe, i punti di riferimento essenziali.

Bisognerebbe partire dal riconoscimento delle pretese di ognuno, e pertanto delle responsabilità, nazionali ed internazionali, da distribuire equamente. Rimanere meri osservatori critici, riversando su Israele l’intero compito di districarsi nel perdurante dedalo mediorientale, non può che accentuarne la convinzione di non poter che agire autonomamente. 

La comunità internazionale è invece chiamata a dimostrare di esistere, nel precisare i contorni di quanto l’eccidio di un anno fa ha riportato alla luce, non improvvisamente prodotto.

– abbandonato a sé stesso dai paesi arabi, per gli ‘Accordi di Abramo’ conclusi con Israele, Hamas è ricorsa al gesto estremo del Sette Ottobre;

– dal giorno dopo, sostenuti da un Iran che, postosi a capo del ‘asse di resistenza’, per loro tramite afferma la propria presenze regionale, Hezbollah e gli Houti gli hanno dato manforte, tempestando di missili il nord e il sud di Israele;

– devastato dalle perduranti conseguenze della guerra civile degli anni Ottanta, il Libano è in preda alle iniziative del ‘partito di Dio’, impedito dal far valere la propria effettività statuale;

– i Paesi arabi circostanti plaudono alle sventure dei movimenti che anche loro considerano terroristi, ma rimangono in un preoccupato attendismo;

– incoraggiato dall’amministrazione di Trump, ma diventato oggetto di una generale riprovazione, Netanyahu si ritiene in diritto di provvedere direttamente ad eliminare l’accerchiamento del terrorismo che ne minaccia dichiaratamente l’esistenza;

– pur garante della sicurezza di Israele, l’America, apparentemente esausta nei suoi ripetuti solitari tentativi di mediazione, condizionata dall’andamento della campagna elettorale, ha finito col prenderne le distanze;

– irrilevante per ambedue i contendenti, l’Europa si è limitata ad esortare le parti a più miti consigli.

– in altre faccende affaccendata, la Russia si accontenta della distrazione internazionale che ne consegue., e intralcia l’operato del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Va infine rilevato che, stretta fra due fuochi, la ‘forza di mantenimento (non di imposizione) della pace’ delle Nazioni Unite non è riuscita ad interporsi fra i due contendenti, né ad ottenere, ai sensi delle Risoluzioni 1556 e 1701, il ritiro e la reintegrazione delle milizie di Hezbollah nell’esercito regolare libanese. Limitatasi, come da mandato ricevuto, a pattugliare e riferire, è ora diventata un bersaglio addizionale. 

Ci si chiede quindi che cosa ci stiano a fare, a che cosa servano, le Nazioni Unite.

Un ritiro dell’UNIFIL, sempre possibile per decisione dell’atrofizzato Consiglio di Sicurezza o su richiesta dell’inefficiente paese ospitante (ma non di Israele), non farebbe che acuire il conflitto (la guerra dei ‘Sei giorni’ nel 1967 fu il risultato del ritiro dell’ONU imposto da Nasser.)

Preoccupata soprattutto dell’incolumità dei nostri ‘ragazzi’, piuttosto che, parrebbe, di quella dell’ONU, l’Italia non si limita ad indignarsi per la specifica violazione del diritto internazionale compiuta dall’esercito israeliano, ma lo accusa di ‘crimini di guerra’, persino di ‘lesione del diritto umanitario’.

Parole in libertà, come per liberarci del peso che sentiamo sulla nostra coscienza. Che dovrebbe invece indurci a prendere più risolutamente posizione, allo scopo fondamentale di restituire a quella regione le sue millenarie condizioni di convivenza multietnica e interreligiosa. Nelle manifestazioni di piazza, continua purtroppo a sventolare soltanto la bandiera palestinese, mai quella Israeliana.

Ad ogni buon fine, il nostro Consiglio di Difesa è stato convocato… fra dieci giorni! (In agenda, si spera, dovrebbe esserci anche l’Ucraina).

P.S. Il Premio Nobel per la Pace, assegnato ancora una volta, come nel 2017, ad un’organizzazione che invoca il tabù nucleare, appare rivolto particolarmente a chi, nel nostro stesso continente, continua a minacciarne l’uso. Contribuendo, anche in Medioriente, al disfacimento dell’ordinamento internazionale.

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