L’annuale sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite consisteva quest’anno anche in un ‘Vertice del Futuro’, rivolto a riproporre le ragioni che ne avevano animato la fondazione.
Liberatasi dalle costrizioni della Guerra fredda, l’organizzazione ha sinora tentato vanamente di rianimarsi, scoprendo che non tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza sono disposti a concorrervi.
Non è l’ipotizzata riforma del Consiglio di Sicurezza, con l’inclusione come membri permanenti di Germania, Giappone, India, auspicata anche da Macron, che potrebbe porvi rimedio, quanto la comunanza di intenti fra i ‘grandi’.
Si consideri che l’inclusione dei Cinque al vertice dell’Organizzazione fu stabilito, non nel riconoscimento del loro status di vincitori (la Francia? La Cina?), bensì nel proposito di conferir loro la preminente responsabilità nella gestione delle questioni internazionali. Funzione alla quale la Russia è sempre sfuggita, e oggi apertamente rifiuta.
Il dibattito è stato comunque quest’anno monopolizzato dal conflitto a Gaza e la sua estensione al Libano meridionale, che l’indignato monito del Segretario generale Guterres ha definito “incubo infinito”, alla presenza peraltro nell’aula dello ‘Stato di Israele’, ammesso all’ONU come osservatore senza diritto di voto, non di Hamas che rimane direttamente coinvolto anche come negoziatore.
Il dilemma innescato dal crollo delle Torri (e, nel nostro piccolo, dal rapimento di Moro) riemerge periodicamente: come combattere il Male senza ledere il Bene che vorremmo salvaguardare. Proprio la sfida che il terrorismo ci rivolge, forse lo scopo stesso che persegue. Della quale la Russia di Putin ritiene di poter approfittare, inserendosi nelle faglie che ne conseguono.
Anche quest’anno purtroppo, nella complessità di situazioni sempre più intricate, l’Assemblea Generale dell’ONU è pertanto consistita in una successione di soliloqui sopra le righe, rispetto al sempre più frequente ricorso ad azioni militari nei confronti delle quali la comunità internazionale si dimostra divisa, e pertanto impotente. Quasi indifferente.
Una situazione alla quale le Nazioni Unite, tanto denigrate ma colpevolmente trascurate, faticano a porre rimedio. Sempre più evidente dovrebbe essere che le tante lacerazioni del tessuto internazionale non possono essere rimarginate che nella ricomposizione della comunità internazionale.
L’Italia rimane risolutamente multilateralista, ha assicurato il nostro Primo Ministro a New York. Il multilateralismo consiste però nella compartecipazione. Specie, si dovrebbe dire, da parte della Presidenza di turno del G7. Dimostratasi poi nei fatti equidistante, neutralista, restia a farsi veder laddove si prende maggior coscienza del da farsi.
Il fatto è che, come diceva già cent’anni fa il nazionalista Federzoni “nel nostro paese non esiste un’opinione pubblica del nostro interesse nazionale”.