La questione palestinese, da collante del Mondo arabo, è diventata il rivelatore della più ampia situazione mediorientale.
L’uccisione degli importanti esponenti di Hamas e Hezbollah ne ha evidenziato la vulnerabilità, non l’irrilevanza negli equilibri regionali. Né sembra che possa diventare il detonatore di una spiralizzazione del conflitto regionale.
La struttura capillare delle due organizzazioni non avrà difficoltà a ricomporsi, la componente più intransigente potendo persino uscirne rafforzata. È semmai l’Iran a trovarsi esposto nel dover decidere se e come reagire ai colpi inferti ai suoi protetti dell’ ’arco di resistenza’ ad Israele.
Si dovrebbe pertanto ritenere che, come accaduto in precedenti simili occasioni, le vibrate reazioni verbali non inducano Teheran a lasciarsi coinvolgere direttamente nel conflitto palestinese. Dall’avvento di Khomeini, l’Iran persegue lo scopo di affermarsi come interlocutore indispensabile per la sistemazione del ‘Grande Medioriente’. Presentandosi come difensore degli ‘oppressi’, sciiti o sunniti, Hamas, Hezbollah e Houti, tutti e tre ormai invisi agli arabi.
Si dovrebbe ritenere che Teheran abbia perseguito una capacità nucleare non per difendersi da ipotetiche minacce, ma per proporsi come difensore dell’insieme del Mondo arabo. Un’ambizione egemonica che, contrapponendola all’Arabia saudita, rappresenta il principale ostacolo ad una complessiva sistemazione mediorientale .
L’Iran rimane pertanto la chiave di volta, mentre Russia e Turchia si indignano ma si tengono ai margini, e gli Stati Uniti devono attendere l’esito elettorale di novembre. La premessa dovrebbe consistere nel ricomporre quel Piano d’Azione sul nucleare iraniano concluso nel 2015 dai cinque membri del Consiglio di Sicurezza, che Trump sconsideratamente stracciò.
In assenza di un ordine internazionale funzionante, assediato e privo di una concreta solidarietà internazionale, Israele ritiene di dover ricorrere agli stessi strumenti di coloro che lo sfidano. In un’alternanza di azioni e ritorsioni di stampo terroristico, non propriamente risolutivamente bellico.
Il Qatar, perno di quel processo negoziale, riconosce apertamente che “la pace necessita di partner seri e di una posizione globale contro il disprezzo della vita umana”. Dal canto suo, insediandosi quale nuovo responsabile del governo iraniano, Pezeshkian, ha dichiarato che l’obiettivo è “normalizzare la relazioni economiche con la comunità internazionale”, precisando che la sua “priorità è rafforzare i legami con i paesi vicini”; in una esplicita ammissione delle strettoie economiche quanto politiche nelle quali Teheran si trova.
Mentre in Medioriente continuano le scosse di assestamento, il nodo gordiano è troppo intricato per essere reciso con la spada. È con gli strumenti della diplomazia che continua a dover essere allentato.
Gli strumenti che Hamas. Hezbollah e Houti non riconoscono.