Le Olimpiadi, una volta, imponevano una tregua. Non più. Semmai una distrazione dallo spettacolo di un mondo andato fuori controllo.
Eppure, la diplomazia, tanto denigrata, continua nel tessere e ritessere la sua tela di Penelope. Coinvolgendo anche chi ostenta indifferenza nei confronti dell’attuale situazione globale.
La Cina, considerata complice di Mosca nel voler dissestare il sistema internazionale, si sta invece proponendo come mediatore, facendosi promotrice di un accordo di massima fra le sedici (sedici!) fazioni palestinesi, e accogliendo il Ministro degli esteri ucraino per tre giorni (tre giorni!) di colloqui bilaterali. Nella raggiunta consapevolezza di non poter pretendere un maggior ruolo internazionale senza esporsi più visibilmente nelle questioni di non diretto suo interesse.
Un’aspirazione che parrebbe dover comportare la ricomposizione della cabina di regia del Consiglio di Sicurezza, al quale la Russia ha invece deciso di voltare decisamente le spalle. Con presumibile nocumento per la stessa Cina, che dalle attuali situazioni di stallo, anche in Ucraina e in Medioriente, non parrebbe poter trarre alcun vantaggio.
La disponibilità di Zelenski a riprender un qualche confronto negoziale non suscita alcuna rispondenza da Mosca, che rimane attestata sulla resa senza condizioni. La visita di Netanyahu in America non ha cambiato i termini di quell’antico rapporto strategico, bloccatosi da tempo a metà strada fra l’incondizionato appoggio di Trump e l’ostinata navetta di Blinken, agli ordini di Biden. In ambedue le circostanze, il concorso di Pechino potrebbe utilmente ampliare l’ambito negoziale.
Diplomaticamente irrilevante, invece, il contemporaneo attivismo della nostra Primo Ministro, presidente di turno del G7, nel ricevere il Presidente israeliano per partire subito dopo alla volta di Pechino. In compagnia della figlia, nei medesimi giorni del nuovo periplo asiatico dei Segretari di Stato americani agli Esteri e alla Difesa, in risposta all’esuberanza regionale della Cina.
Esserci, continua ad essere il principio ispiratore della nostra diplomazia. Appagata della nostra presenza in ambito NATO, seppur mal ripagata dalla mancata assegnazione di un ruolo istituzionale sul ‘fianco sud’, e indifferente alle ammonizioni in materia di bilancio e libertà di informazione in provenienza dall’Unione europea, verso la quale ci siamo ancora una volta presentati in ordine sparso.
La ripresa delle dinamiche globali dopo la lunga fase di stallo attende ovviamente l’esito delle elezioni americane. È però, per tutti, il momento di predisporsi rispetto a tale appuntamento, prendendo miglior coscienza delle rispettive collocazioni, esigenze e responsabilità.
La Cina sembra volerlo fare, l’Europa rimane interdetta. L’Italia non riesce ad uscire dalle sue perenni ambiguità.