L’Italia s’è desta? E l’Europa?

di 14 Giugno 2024

Le elezioni europee non avranno sciolto i nodi, nazionali o comunitari, ma sono forse servite a liberare la strada dalla dispersione delle formazioni politiche e dal diffuso astensionismo, al cospetto delle sopravvenute sollecitazioni economiche e di sicurezza. Si dovrebbe ritenere che, fra europeisti ed euroscettici, il campo è ora più chiaramente distinto. 

Il redde rationem non poteva essere ulteriormente rinviato. Indispensabile è ora dotare l’Unione di un più deciso e meglio argomentato senso di direzione, ritrovare cioè lo slancio che emerse dalle macerie di ottant’anni fa, in un analogo momento-cerniera della Storia europea.

Quando il Piano Marshall e la NATO, poi la CECA e i Trattati di Roma, fissarono i parametri dell’impresa ricostruttiva. La cui memoria storica si è andata dissolvendo nel generale ritrovato soddisfacimento delle esigenze di prosperità e sicurezza. Che vanno ora nuovamente definite e tutelate.

Dobbiamo renderci conto che non si dovrà fare di tutta l’erba un fascio. Che è dell’Europa politica, più che di quella economico-sociale, che ormai si tratta. Che il rapporto fra Commissione, Consiglio dei Ministri (e relativi Vertici) va precisato e meglio articolato

Che, mentre l’una, dedicandosi alle esigenze interne, potrà consolidare la funzione provvidenziale che ha prodigato durante il Covid e con il PNRR, l’altro, rivolto all’esterno, dovrà distinguere i paesi determinati a procedere assieme nelle materie di politica estera e di sicurezza. Con le ‘geometrie variabili’ che le circostanze suggeriranno, senza ledere la fisionomia d’assieme.

L’esito elettorale dovrebbe in sostanza aver somministrato la necessaria shockterapia ad opinioni pubbliche estremizzate o indifferenti. Risvegliando la consapevolezza che non possiamo alzare l’asticella delle aspettative a Bruxelles oltre la nostra volontà di affrontarla. Rendendoci finalmente conto che quel che l’Europa può darci dipende dalla nostra disponibilità a concorrervi.

Il vento di destra, euroscettico, dovrebbe servire a stimolare gli Stati, in particolar modo l’Italia, a precisare, a sé stessi prima che nell’ambito comunitario, le loro intenzioni. Nell’accresciuta presa d’atto che non possiamo rannicchiarci nelle rispettive sovranità nazionali. 

Il tanto invocato art.11 delle nostra Costituzione, che ‘ripudia’ non rinnega la guerra, consente le “limitazioni della sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia”. Una precisazione riferibile alle Nazioni Unite quanto all’Unione che ne è la trasposizione europea. Sartori sosteneva d’altronde che la sovranità può essere “spacchettata” fra le diverse specifiche necessità.  

Tradotto in termini pratici, alle formazioni di destra, dichiaratesi riformiste, dovranno contrapporsi con maggior decisione quelle di centro-sinistra, presentandosi come conservatrici. Un’inversione dei ruoli non diversa da quelle di ogni passaggio dall’adolescenza idealista alla maturità delle responsabilità. Si dovrebbe inoltre ritenere che i populisti di destra e di sinistra, messi alla prova, si trovino anch’essi a dover fare i conti con l’Europa.

Rimediando tutti al deficit democratico, figlio dell’indifferenza evidente nel persistente diffuso astensionismo. Ma chi e come ne prenderà il timone, concretamente, in termini di finanza, politica industriale, difesa, ambiente? Chi fornirà la propulsione ad una macchina arrugginita dall’incuria?

Per consolidare la credibilità dell’assieme, ad evitare di perdere il contatto simultaneamente con l’America, a ottant’anni dallo sbarco in Normandia, e con la Russia, ad oltre due anni dall’aggressione all’Ucraina. Per non parlare del Medioriente, nel quale non siamo mai riusciti ad incidere.

Quando il gioco si fa duro… i duri sono chiamati quanto meno al proscenio. Le prese di posizione a scopo elettorale dovranno ora confrontarsi con le nuove realtà circostanti, tanto politiche quanto economiche, radicalmente mutate. 

A Bruxelles così come nelle capitali dovremo ora alzare più decisamente lo sguardo su quanto avviene nel resto del mondo. Per renderci se non altro conto di dove ci troviamo.

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