L’impressione, talvolta, inganna. Tanto più quando si tratta di ‘ombre cinesi’.
Dietro alle dichiarazioni altisonanti contro la ‘aggressività occidentale’, il viaggio di Putin a Pechino, non è riuscito a mascherare la realtà. Che non si presta a conclusioni affrettate su un presunto blocco contrapposto all’asserito predominio americano.
La strategia essenzialmente difensiva che contraddistingue una potenza declinante e una invece emergente, a disagio con un ordinamento internazionale condiviso, l’una intransigente e l’altra invece pragmatica, si risolve in una coalizione ibrida, non nell’ennesimo impenetrabile muro.
Isolatasi per secoli, sottoposta ai trattati ineguali europei (anche russi), la Cina è stata proiettata al proscenio mondiale da un’America che, dopo averla liberata dal giogo giapponese, l’ha poi collocata nel direttorio del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Rimasta prudentemente passiva fino a Xi Jinping, la globalizzazione la espone ora alle corresponsabilità nella gestione delle questioni internazionali.
Si dovrebbe ritenere che il comportamento irruento del Cremlino intralci la strategia insinuante, ad ampio raggio e più lungo termine, di Pechino, senza peraltro necessariamente comprometterla. Il lunghissimo comunicato congiunto, emesso al termine di due giorni di celebrazioni piuttosto che di serrate consultazioni, ne è di per sé la dimostrazione.
“Più efficacemente agiranno le nostre forze armate, prima sarà possibile risolvere pacificamente la guerra”, aveva dichiarato Putin sulla preminente questione ucraina. Pechino ha invece voluto registrare che “per una soluzione sostenibile della crisi, è necessario eliminarne le radici profonde… serve una soluzione politica e diplomatica”. Una diversità di enfasi che potrebbe aprire qualche spazio anche ad altre questioni internazionali in sospeso.
Non soltanto in Ucraina ma anche, particolarmente, in un Medioriente che va urgentemente riassestato.
Nel quale la Lega Araba ha appena accettato che una forza dell’ONU amministri transitoriamente Gaza. Il che, nel delegittimare Hamas con la perentoria affermazione che “l’OLP è l’unico legittimo rappresentante del popolo palestinese”, presuppone soprattutto la reintegrazione del Consiglio di Sicurezza nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali. Dalle cui responsabilità Mosca e Pechino si sono distanziati.
In proposito, il nostro Presidente, assieme a quelli di Germania e Austria, ha osservato che “vediamo nel mondo sfidati, se non apertamente minacciati, i valori fondamentali del pluralismo … i nostri valori”. Che consistono sostanzialmente (anche nel cosiddetto ‘sud globale’) nelle libertà fondamentali, dalla paura (sicurezza) e dal bisogno (benessere), che accomunano l’umanità; indipendentemente dalle libertà di opinione e di credo, da declinare diversamente a seconda delle varie tradizioni storiche e culturali.
Nel frattempo, continuano da noi i dibattiti surreali su tali questioni, la cui rilevanza sfugge alla generalità della stessa classe politica. Se ne dovrebbe dedurre che, diventata incomprensibile a sé stessa, sulla scena internazionale l’Italia sta diventando irrilevante.