Usque tandem?

di 16 Maggio 2024

L’esautoramento del Ministro della Difesa russo, antico amico di Putin, pluridecorato, potrebbe essere un classico caso di promoveatur ut amoveatur. La sua sostituzione con il Ministro dell’Economia solleva però un’ulteriore cortina fumogena sulle mosse dell’autocrate.

Il Consiglio di Sicurezza, nel quale Shoigu è stato incastonato, non può infatti essere considerato come una versione aggiornata del Politburo, organo collegiale che reggeva formalmente l’Unione Sovietica. Abbiamo visto a quale distanza, anche fisica, lo tenga invece Putin.

Un perdurante ossessivo accentramento del potere, il suo, che ad ogni momento critico brucia un fusibile. Determinando quell’irrigidimento decisionale che preclude ogni spiraglio di contatto con l’esterno. Lo strumento diplomatico viene quindi privato del suo scopo principale, consistente nell’individuare le intenzioni della controparte. Il negoziato, da più parti invocato, è pertanto precluso.

La ripresa offensiva della “operazione militare speciale” in Ucraina non sembra peraltro poter avere lo scopo di debellare l’Ucraina, mediante la conquista di ulteriore territorio, oltre a quello già annesso della Crimea, del Donbass e dell’intera fascia litoranea, con la sola eccezione di Odessa.

Quanto piuttosto quello di ‘riassorbire’ Kiev nella sfera d’influenza russa, (la “difesa dei nostri interessi”, secondo la formulazione del Cremlino), fiaccando il sostegno politico e militare euro-atlantico. Il cui intento, d’altronde, non è apparentemente più di assicurare la vittoria di Kiev, quanto di conseguire un armistizio che rimandi la soluzione del conflitto alle calende greche. Come avvenne in Germania, e poi in Corea. In attesa che, col tempo, la Russia rinsavisca (con l’auspicabile contributo della Cina).

Importante è pertanto che a Roma, come altrove da questa parte della Storia, la fermezza sul rispetto dei principi internazionali si combini col mantenimento della disponibilità a dialogare. Senza dar luogo agli astrusi perduranti schieramenti fra ‘pacifisti’ e ‘guerrafondai’.

“Non siamo in guerra con la Russia”, dichiara il nostro Ministro degli Esteri (certamente non ignaro che è stata la Russia ad averci dichiarato guerra); “non un nostro soldato in Ucraina”, assicura l’altro nostro Vice-Primo Ministro (contrapponendosi al Presidente francese, pur accogliendo nelle sue fila un valoroso sia pur discusso Generale). Come se non bastasse, stampa e televisione continuano a dare spazio a chi non sa cosa dire, ma lo dice lo stesso. 

La credibilità dell’Unione europea, a seguito delle imminenti elezioni, dipenderà anche dal nostro atteggiamento. Indipendentemente dall’esito della contesa presidenziale negli Stati Uniti.

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