L’incubo che la situazione internazionale presenta si infittisce di molteplici traumatici avvenimenti. Che dimostrano, tutti, quanto il terrorismo sia non soltanto il sintomo ma soprattutto la causa del disfacimento dell’ordinamento internazionale. Da quel fatidico ‘undici settembre’.
Come Netanyahu, anche Putin è stato ora colto di sorpresa da un devastante attacco terroristico, minandone l’autorità che riteneva di aver appena consolidato elettoralmente.
L’ennesima dimostrazione di quanto la situazione internazionale, andata per tutti fuori controllo, non possa prescindere dalla convergenza di un impegno comune. Nella consapevolezza del segnale dato oltre vent’anni fa quando il terrorismo internazionale dichiarò guerra all’ordine internazionale che, con la caduta del Muro, pareva ristabilito, o almeno essersi rimesso in moto.
L’immediata risposta, concentratasi allora nei confronti dell’Afghanistan, instaurò una collaborazione strategica fra Washington e Mosca che si è gradatamente andata dissolvendo, fino all’attuale ritorno alla contrapposizione, in Ucraina, in Medioriente, in Africa.
Il massacro nell’affollato Teatro di Mosca potrebbe indurre il Cremlino ad una reazione rabbiosa non dissimile da quella di Bush nel 2001, e ora di Netanyahu contro Hamas, delle quali Putin aveva invece sconsideratamente ritenuto di poter approfittare. Per non continuare a presentarsi obiettivamente come complice del terrorismo internazionale, invece di cedere alla tentazione di continuare ad incolpare di connivenza l’America o l’Ucraina, dovrebbe finalmente risolversi a concorrere alla reintegrazione del sistema internazionale.
Tornare in altre parole al ‘tavolo dei grandi’ del Consiglio di Sicurezza, per svolgervi responsabilmente le funzioni che alla Russia competono, per l’indispensabile gestione di un ordinamento internazionale andato palesemente in pezzi.
Un’esigenza che potrebbe anche contribuire ad esaltare la funzione dell’Unione europea, finora emarginata nella sua qualità di unico attore intrinsecamente multilaterale, forzatamente impedito dal ritorno all’unilateralismo delle politiche di potenza.
Piuttosto che invocare astrattamente una difesa europea unitaria, l’Unione dovrebbe dotarsi di una più coerente politica estera, a fondamento di generali migliori condizioni di sicurezza, oltre l’ostacolo della guerra in corso in Ucraina. In proposito, l’appena svoltosi Consiglio europeo ha continuato a discuterne l’esigenza, senza pervenire a decisioni concrete.
Il dibattito pubblico in Italia, in Parlamento come sui mezzi di informazione, rimane senza capo né coda, impantanato in un vicolo cieco, con le opposte coalizioni di destra e di sinistra in istato confusionale, parimenti spaccate sul comportamento da adottare in Ucraina, a Gaza.
Con le elezioni europee alle porte…