Cave

di 19 Marzo 2024

Il generale rigurgito degli istinti premoderni degli Stati va ammantandosi di suffragi popolari, in una parodia del sistema democratico. Sull’elezione presidenziale in Russia, non c’è molto da dire che non sia stato più che evidente. Bisogna semmai chiederci che cosa Putin intenderà fare della messe di consensi raccolti.

Già si evoca a Mosca la situazione nelle zone secessioniste dalla Moldova alla Georgia (a difesa, dicesi, delle minoranze russofone alle quali, come già nel Donbass, sono stati preventivamente distribuiti passaporti russi), dalla Transnistria all’Ossezia del sud, territori sconosciuti ai più la cui sorte è stata sinora tenuta in sospeso. 

Nelle sue dichiarazioni postelettorali Putin ha infatti esplicitamente evocato la necessità di una ‘cintura di sicurezza’, a spese ovviamente della stessa Ucraina. Con una Piazza Rossa traboccante di folla plaudente che ricorda mutatis mutandis i raduni di Norimberga, Putin potrebbe ora decidere di usare la spada di Brenno nel suo ‘estero vicino’. 

Un primo passo per intimidire i paesi baltici, e saggiare le reazioni dell’Alleanza atlantica? Il gioco si fa duro, nel quale per noi si dovrà trattare di ben altro che delle solite sanzioni! 

L’alleanza euro-americana dovrà decidersi a fare quanto meno ‘la faccia feroce’. Cosa che abbiamo sinora sconsideratamente imputato alla Francia di Macron, la cui diversità di approccio con la Germania è da attribuire al fatto di essere l’unico socio dell’UE anche membro permanente del Consigli di Sicurezza dell’ONU. 

Che i paesi del cosiddetto ‘Sud globale’ siano stati i soli a rallegrarsi con l’annunciato vincitore non dovrebbe significare che plaudano al suo comportamento. Il loro atteggiamento dovrebbe invece poter servire a mantenere il rapporto necessario a trattenere l’irruenza del Cremlino, cosa che l’Occidente non può ovviamente assicurare.

Non si tratta, come si insiste a dire, di un confronto fra democrazia e autoritarismo, fra valori opposti ed inconciliabili, quanto più precisamente dell’accettazione o del rifiuto di un sistema di rapporti internazionali condiviso. Non più quindi di un confronto ideologico, ma di una sfida all’intero ordinamento internazionale.

Un circolo vizioso fra le esigenze di sicurezza e di libertà va travolgendo non soltanto i nostri inverosimili dibattiti televisivi ma la stessa coesione governativa nazionale.

In presenza di un’elezione europea alle porte, alla quale si attribuisce il compito di risolvere le contese partitiche interne invece delle sorti del nostro continente.

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