Troppe situazioni, interne e internazionali, appaiono andate fuori controllo. Non vi è, in altre parole, nessuno che paia in grado di contenerle o rimetterle in carreggiata.
In un anno costellato da numerosi appuntamenti elettorali, democratici o meno, opinioni pubbliche disorientate o passive sono chiamate a esprimersi, senza disporre del confronto fra contrapposti programmi. Sul piano internazionale, le situazioni in Ucraina, in Medio e Estremo Oriente, appaiono lasciate a sé stesse, senza che la comunità internazionale sia in grado di intervenire. In Ucraina per l’incombente minaccia nucleare; in Palestina per l’immobilismo arabo.
Gli ‘stati di eccezione’ pertanto si moltiplicano, con le politiche nazionali e internazionali in affanno, reattive invece che propositive, al traino di eventi sfuggiti persino alla generale comprensione. Travolti da un affollato “hic et nunc”, non riusciamo ad alzare lo sguardo, per guardare oltre, rifugiandoci in un fatalismo venato di astratto moralismo. Spettatori di una trama che non comprendiamo più, invece che attori di un futuro da ricostruire.
Un futuro che dovrebbe chiamarsi ‘internazionalismo liberale’, sorretto da strumenti multilaterali, dalle Nazioni Unite all’Unione europea, ai quali si rivolgono invece le critiche di chi dovrebbe piuttosto provvedere a dotarli del loro attivo concorso.
Presumere che la geo-politica, di per sé multi-polare, possa trovare un assestamento spontaneo, sostituendo il bipolarismo della Guerra fredda quanto il multi-lateralismo dell’ordine liberale impostato settant’anni fa a San Francisco, è smentito dalle dichiarazioni di chi sarebbe chiamato a gestirne il funzionamento.
In un’intervista accordatagli da un compiacente giornalista americano, Putin ha affermato arrogantemente che spetta alla NATO decidere se e quando accettare le sue pretese sull’Ucraina. A giro di posta, Trump annuncia che abbandonerà al Cremlino gli alleati atlantici che non contribuiranno adeguatamente al bilancio dell’Alleanza. Saremmo quindi nelle mani di una Cina che, isolatasi per secoli, sta prendendo coscienza delle proprie responsabilità globali? Bisognerebbe chiederlo ai taiwanesi.
Nel frattempo, l’America si concentra sul ‘Superbowl’. E l’Italia, distraendosi col ‘qua qua’ di un festival canoro, si dichiara come al solito ‘equidistante’, cioè insignificante. Lasciando il campo libero alle astratte esternazioni di formazioni politiche che pensano soltanto alle proprie future fortune elettorali.
Inconsapevoli di quanto le sorti nazionali sono oggi più che mai determinate dalle equazioni internazionali. Alle quali non riusciamo, né apparentemente vogliamo, collegarci.