L’anno delle verità

di 8 Gennaio 2024

L’anno appena iniziato potrebbe rivelarsi un possibile tornante. Per il quale nessuno, né noi né gli altri, pare finora aver avuto il tempo (o la volontà) di predisporsi. 

La situazione si è aggrovigliata soprattutto per la generale incuria, tradottasi in assuefazione, indifferenza. L’intera comunità internazionale dovrebbe riprendere il controllo degli avvenimenti, ma non si sa apparentemente più cosa fare, né cosa dire.

In Ucraina, l’aggressore dichiara di accettare la pace purché alle proprie condizioni, voltando ostentatamente le spalle all’Europa. In Medioriente, ogni prospettiva negoziale è preclusa dall’irrigidirsi delle due parti. In ambedue i casi, ogni possibilità di intermediazione ne risulta soffocata. La sola America prosegue nei suoi soliti tentativi di ‘fare la spola’ fra le varie parti; l’Unione europea continua invece a dividersi fra mal coordinate iniziative individuali.

Per l’ennesima volta, pertanto, l’Occidente è considerato ‘al tramonto’. Più che altro, stenta a decollare. Dilaniato fra Parigi e la sua Algeria, nel lontano altrettanto critico 1955, Albert Camus sosteneva che “la civiltà europea non è minacciata, se non da un generale suicidio”. Perché possa riprendere il ruolo che ha svolto per secoli, molto dipenderà dalla sua visibilità politica.

Difficile è comprendere chi possa beneficiare dell’attuale disgregazione del sistema internazionale, frammentatosi proprio nel momento in cui (oppure a causa del fatto che?) gli si sono aperte le porte della globalizzazione. La Cina, a differenza della Russia, pare averlo capito, Altre nazioni, nel Sahel africano, lungo l’Indo in Asia, nella stessa America Latina, persino nei Balcani, sono rimaste, sia pur diversamente, passive e divise. Nei loro confronti l’Europa dovrà riuscire a rendersi credibile, per quell’opera di intermediazione che soltanto lei parrebbe in grado di svolgere. 

Insistendo in particolare sulla rivitalizzazione delle Nazioni Unite. Non come il ‘deus ex machina’ che si continua a pretendere, giacché la sua funzione non è mai stata quella di governo mondiale; bensì di proscenio per il confronto fra gli atteggiamenti e delle responsabilità di ognuno. Di ‘parlamento dell’uomo’, come all’origine fu detto; di sede internazionale pertanto eminentemente democratica. 

Di scosse di assestamento ve ne saranno pertanto ancora tante. Nella persistente attesa di un ‘centro di gravità permanente‘, il sistema internazionale rimarrà policentrico, tendenzialmente multipolare invece che multilaterale. Intrinsecamente conflittuale.

Sulla cui salute incideranno anche le ben settantasei elezioni previste quest’anno, particolarmente quelle in Europa e in America. All’Italia spetta il turno di presidenza del gruppo delle Sette nazioni autoproclamatesi più avanzate, che ritengono di poter continuare ad indicare la strada maestra al resto dell’umanità. 

Sulle due sponde, nazionale ed internazionale, sarà quindi anche l’ennesima ‘prova del nove’ della consistenza di una nazione, la nostra, che stenta a trovare il proprio ‘ubi consistam’.

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