Il processo alle intenzioni

di 18 Dicembre 2023

Per la diplomazia, la maggior disdetta consiste nell’impossibilità di individuare le precise intenzioni dei suoi interlocutori, costringendola all’apparenza delle situazioni. È quel che accade oggi in Ucraina, oltre a Gaza, con la conseguente generale perdita di controllo.

“La Russia vuole raggiungere i suoi obiettivi; meglio, se sarà possibile, con mezzi politici o diplomatici”, ha detto il portavoce de Cremlino. Putin ha precisato che “la pace ci sarà quando avremo raggiunto i nostri obiettivi: la denazificazione [?], demilitarizzazione [sostanzialmente decretata trent’anni fa] e neutralità [non NATO né UE?] dell’Ucraina”. In pratica, sine die, data l’imprecisione di tali condizioni.

Dal canto suo, l’Unione europea, oltre a deliberare il dodicesimo pacchetto di sanzioni alla Russia, ha agganciato il futuro dell’Ucraina all’Occidente. Al fattore militare di preminente rilevanza americana, si è quindi aggiunto quello politico, di spettanza piuttosto europea. 

Dato che, per il momento, nessuno dei due contendenti potrà conseguire la completa soddisfazione delle proprie intenzioni, lo scopo praticabile potrebbe consistere nel rassegnarci allo ‘status quo’ territoriale senza concedere alcunché sulla sostanza. Aggirando l’impasse militare al diverso, più ampio, livello politico e strategico. Come appunto ha appena fatto l’Unione europea. 

C’è chi ha correttamente paragonato l’avvio del processo di adesione alla caduta del Muro, considerandolo come suo logico completamento. Se non dell’assertività o capacità dissuasiva, militare, della quale non dispone né intende dotarsi, l’Unione può infatti avvalersi della propria forza di gravità, quale magnete politico.

Ormai più che evidente era l’intenzione del Cremlino di rendere l’Ucraina l’ennesima ‘crisi congelata’ lungo la persistente fascia divisoria in Europa. Una situazione alla quale, con il cammino aperto anche alla Moldova e alla Bosnia, e la conferma dello status di candidato alla Georgia, l’Unione ha deliberato di opporsi. Nell’interminabile transizione internazionale, l’Europa politica ha deciso di battere un colpo.Chi l’avrebbe mai detto! 

Interrotta nel 2014, quanto Putin ostacolò l’avvio di un processo di associazione di Kiev all’UE, suscitando la ribellione popolare, l’apertura del più impegnativo processo di adesione di pieno diritto rappresenta un segnale di primaria rilevanza per la politica estera e di sicurezza europea. A conferma del ruolo che dovrebbe decidersi a svolgere, nel contribuire ad aggregare la comunità internazionale rispetto ad una situazione che coinvolge le condizioni di sicurezza dell’intero continente.

In sostanza, Bruxelles ha decretato l’appartenenza dell’Ucraina alla famiglia europea, dalla quale la Russia, proclamandosi ‘euro-asiatica’, si è invece dissociata. Una decisione che, al pari della ben più semplice adesione di Finlandia e Svezia alla NATO, ridisegna gli schieramenti in un continente che si vorrebbe reintegrato.

Le reciproche intenzioni sono state esplicitate. Chiaramente da parte europea, sempre astrattamente invece da Mosca.

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