L’analfabetismo funzionale

di 10 Novembre 2023

Sono anni che il terrorismo ci interroga. Eppure, risvegliate da un lungo sonno, le nostre opinioni pubbliche tardano a rendersi conto del significato, della portata, di quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi.

Le oceaniche manifestazioni pacifiste, viziate da persistenti rigurgiti anti-americani, non riescono ad affrancarsi dalle semplificazioni di un ‘analfabetismo funzionale’, consistente nella manifesta incapacità (indisponibilità ?) di leggere quel che accade, di comprenderne il significato e le traiettorie. Continuando a schierarsi sterilmente secondo consunte demarcazioni ideologiche.

Così come l’attacco alle torri di New York, l’aggressione della Russia all’Ucraina e il massacro compiuto da Hamas vanno valutati al pari del terrorismo internazionale, quali crimini contro l’umanità anche nella misura in cui intendono scardinare un ordinamento internazionale necessariamente compartecipativo. 

Tale scopo primario del terrorismo parrebbe essere stato raggiunto nell’aprire varchi a chi ritiene di poterne approfittare: dalla Russia in Ucraina e ora da Gaza in Israele.  Ma, quel che è più grave, finendo anche col menomare la capacità di rispondenza delle democrazie aperte, affievolendo la loro ambizione di operare per mantenere la rotta nei marosi della globalizzazione.

Perché lo ‘stato di eccezione’ al quale si appellava Carl Schmitt non abbia ancora una volta a prevalere, perché lo stesso diritto internazionale non vada in frantumi, l’unico modo di combattere il virus che pervade le nostre società libere non può che essere ritrovare le ragioni della nostra civiltà, riprendere coscienza di chi siamo e vorremmo continuare ad essere.

Rendendoci peraltro conto che l’Occidente non va più in guerra, l’America per esaurimento e l’Europa per costituzione, trovandosi pertanto a dover reagire con ‘un braccio legato dietro la schiena’. Con un già evidente rischio di atrofia politica. Perdendo la convinzione di poter contribuire a fare la Storia.

Mentre gli altri, per indole o deliberato proposito, riluttano ad assumere il loro ruolo con le relative responsabilità sulla scena internazionale, le Nazioni Unite rimangono paralizzate dall’ostruzionismo della Russia e dall’astensionismo della Cina, e l’Europa difetta ancora di credibilità politica. La sola America appare consapevole della necessità di continuare ad esporsi. Come dimostra l’insistente spola di Blinken, riedizione di quelle di Kissinger, nel tentativo di tessere l’indispensabile rete di sforzi convergenti. 

“Non dovrà esservi troppa America, ma nemmeno troppo poco di essa, nella gestione dei rapporti internazionale”, ha appena detto il Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan. A dispetto di chi coltiva ancora e sempre sentimenti anti-americani, in un istinto affine al parricidio. 

“Ciò che insegna il labirinto – diceva Norberto Bobbio – non è dove sia la via d’uscita, ma quali sono le vie che non portano da nessuna parte”.

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