Il perenne groviglio mediorientale

di 11 Ottobre 2023

Prova di forza, come parrebbe, o operazione suicida, come dicono altri? Una conseguenza comunque dell’emarginazione nella quale è finita la causa palestinese.

La pioggia di missili, l’efferata uccisione di civili, la presa di ostaggi, in violazione di ogni principio di diritto bellico, rappresentano non tanto un mero atto terroristico, ma la ribellione di una fazione palestinese alle prospettive di normalizzazione dei rapporti fra Israele e l’Arabia saudita, dopo quella decretata dagli ‘accordi di Abramo’ con i paesi del Golfo. Forse anche una reazione al riavvicinamento fra Teheran e Riad propiziato dalla Cina (il che renderebbe dubbia una vera e propria regia iraniana).

A conferma della difficoltà di districare il groviglio mediorientale. Per l’intransigenza ostentata dal governo israeliano, l’egemonia pretesa dall’Arabia saudita, l’intervenuta scarsa considerazione del mondo arabo verso la causa palestinese, apertamente sostenuta ormai dal solo regime iraniano, oltre all’ambiguità del comportamento di Ankara e di Mosca. Incerte rimangono infine le ripercussioni sui rapporti, da sempre antagonisti, fra Hamas e Fatah.

Bisognerà ora contenere l’inevitabile irrigidimento israeliano, considerando peraltro che un’azione terroristica di tali proporzioni, ad opera di una fazione palestinese che contesta l’esistenza stessa di Israele, preclude ogni ipotesi negoziale.

Ne traspare ad ogni modo quanto, anche nella regione mediorientale, l’intera comunità internazionale tardi ad agire in modo convergente per rimediare alle ricorrenti gravi lacerazioni. Ad evitare che, anche in questa occasione, una ‘operazione militare speciale’ si trasformi in guerra aperta fra opposti schieramenti.

Non di solo diritto all’autodifesa si può trattare. Evidente è quanto, in questo caso come in Ucraina, sia sempre indispensabile conseguire un più ampio convergente impegno internazionale (in Consiglio di Sicurezza, la Russia si sarebbe astenuta dal condannare l’attacco). Si deve in particolare trovare anche la maniera di rendere l’Unione europea un interlocutore credibile, quindi influente, in una regione che le è stata a lungo preclusa tanto dagli israeliani sostenuti dall’America quanto dai palestinesi sorretti dagli arabi.

Un compito che spetta non ai soli Ventisette, bensì all’integralità dei quarantaquattro Stati europei che nell’Unione si riconoscono (con l’esclusione quindi della Russia e della Bielorussia), appena riunitisi per la terza volta nella ‘Comunità Politica Europea’.

Una riunione nella quale, come all’Assemblea Generale dell’ONU, il nostro Primo Ministro non ha parlato che della questione migratoria. Importante conseguenza, non causa, della più generale situazione internazionale.

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