Una settimana, quella appena trascorsa, particolarmente densa di avvenimenti internazionali, nei quali l’Italia ha faticato a destreggiarsi.
L’annuale Assemblea Generale delle Nazioni Unite forniva alla nostra Primo Ministro l’occasione per affermare urbi et orbi la specifica identità del proprio governo, asseritamente innovativo. Ha invece deciso di calare la carta maestra di cui ritiene di disporre, quella migratoria, sorretta da un fantomatico ‘piano Mattei’. Disertando il dibattito sull’Ucraina in Consiglio di Sicurezza, disdegnando il ricevimento, strumento diplomatico per eccellenza, offerto da Biden, si è auto-esclusa dal più ampio consesso internazionale.
Il Presidente della Repubblica, ricevendo il collega tedesco, ha poi tentato di darle una mano nel sostenere che il Trattato di Dublino è ormai ‘paleolitico’. (Affermazione veritiera soltanto nella misura in cui si tratta di un accordo rivolto a disciplinare l’arrivo di singoli rifugiati e richiedenti asilo politico, non le masse di diseredati alle quali siamo ormai quotidianamente confrontati.)
Il giorno seguente, inspiegabilmente, abbiamo innescato una polemica con Berlino, per i suoi finanziamenti alla nostra San Egidio, oltre che alle ong. Proprio mentre Parigi ci tendeva la mano.
Verso Bruxelles, il nostro Primo Ministro ostenta un astratto pragmatismo: “non ho mai creduto che una buona politica estera consista nel prendere il tè con Francia e Germania. Le alleanze in Europa sono per definizione variabili, si fanno di volta in volta sui dossier. Ciò che conta è la capacità di dialogare con tutti… sapendo su ogni questione quali possono essere i nostri interlocutori privilegiati”.
Sulla questione ucraina, stiamo perdendo il contatto con la pattuglia di testa: le inchieste demoscopiche registrano i sintomi di stanchezza, di crescente indifferenza, particolarmente evidenti nella nostra opinione pubblica, estranea alle questioni internazionali che maggiormente pesano sul nostro futuro.
Rimaniamo quindi succubi, non compartecipi, degli avvenimenti che ci circondano. A scapito della nostra credibilità in un mondo in evoluzione, che non può più attardarsi per nessuno.