Due avvenimenti lascerebbero ben sperare per il futuro dei rapporti internazionali.
È finalmente accaduto quel che doveva accadere. La guerra in Ucraina non è più una questione da gestire fra europei, che non riguarda gli altri. L’ostinazione di Kiev nel non rinunciare ai prerequisiti per raggiungere la pace, e il rifiuto dello schieramento euro-americano di lasciarsi coinvolgere direttamente nel conflitto, hanno esposto il resto del mondo al suo compito di concorrere alla gestione dei rapporti internazionali.
Per iniziativa, rispettivamente, dell’Arabia Saudita e della Nigeria, il cosiddetto ‘Terzo mondo’ ha riconosciuto di non poter continuare a stare a guardare, di non poter più permettersi di rimanere ‘non allineato’. Come ai bei tempi della guerra fredda.
L’Occidente non ne ottiene necessariamente degli alleati, ma pur sempre dei partner nell’indispensabile impresa di ricomporre l’ordinamento internazionale, mediante condivise norme di condotta.
Alla riunione di Gedda, svoltasi a porte chiuse, la Russia è stata esclusa giacché non si trattava di impostare un negoziato, né di discutere di un piano di pace, bensì di saggiare, appunto, l’atteggiamento della più vasta comunità internazionale. Con il risultato collaterale di mettere Mosca di fronte alle proprie responsabilità globali.
La dichiarazione del rappresentante cinese vale un comunicato ufficiale: “Pechino è disposta a ogni sforzo per porre fine alla guerra. Abbiamo molti disaccordi e sentito punti di vista diversi, ma è importante che i nostri principi siano comuni. Siamo riusciti a raggiungere accordi sulla creazione di gruppi di lavoro per elaborare i dettagli dei termini che occupano un posto di rilievo nella formula di pace espressa dal Presidente Zelenski” (di Zelenski quindi, non di Mosca).
Parimenti, forse più, interessante è che la riunione di Gedda abbia estratto l’Arabia Saudita da dietro le quinte della scena internazionale nelle quali si era rifugiata sinora, con i possibili riflessi sulla stessa crisi israelo-palestinese..
Altrettanto rivelatrice è la reazione alla crisi costituzionale in Niger, provocata dall’infiltrazione a scopo diversivo della Russia nel Sahel, nella scia dei suoi interventi in Mali e in Burkina Faso. L’Occidente si è questa volta affidato all’ECOWAS, organizzazione regionale, piuttosto che esporsi ancora e sempre in prima persona (nel caso specifico, preminentemente francese) in un continente le cui condizioni ha a lungo considerato una propria eredità storica.
La reintegrazione del sistema internazionale non può più consistere, come vorrebbe Mosca (e Pechino), in una transazione fra le cosiddette ‘grandi potenze’, bensì richiede ormai alquanto evidentemente il convergente concorso dell’intera comunità internazionale. Che nell’ambito delle Nazioni Unite dovrebbe ritrovare la sua sede istituzionale.
Regole che sono già state messe alla prova dal segno della croce di Ronaldo dopo aver segnato un gol nella Lega di calcio araba di recente istituzione.