L’articolo del nuovo Ambasciatore russo in Italia, pubblicato da “La Repubblica” venerdì, con il generoso titolo “Noi russi siamo convinti che in Ucraina sia possibile la pace con la diplomazia”, parrebbe volersi distinguere dall’atteggiamento alquanto ruvido del suo predecessore.
Con una serie di considerazioni accatastate alla rinfusa, che non si discostano dalla propaganda del Cremlino nel distorcere la Storia e confondere la logica, con le molteplici contraddizioni, storiche, politiche, che vanno evidenziate punto per punto:
– l’enfatica iniziale affermazione che “Russia e Italia sono due Paesi europei” viene subito ridimensionata dall’affermazione che, “avendo assorbito tutto il meglio dell’Occidente” [?], la Russia ha “riunito nei suoi confini vaste aree dell’Europa e dell’Asia, diffondendo il modo di vivere europeo fino alle coste del Pacifico”, e raccogliendone “l’enorme patrimonio storico, culturale e spirituale”; il che avrebbe reso la Russia “euroasiatica” [quindi, non veramente europea?];
– a seguito del “colpo di Stato”[?] in Ucraina, il “referendum” in Crimea e l’operazione speciale rivolta a ”proteggere gli abitanti del Donbas” sarebbero stati “un passo obbligato che non aveva alternative … Una decisa, calibrata [sic!] e legittima reazione tecnico-militare alle insidiose sfide lanciate allo sviluppo sovrano, agli interessi nazionali e alla sicurezza della Russia”;
– la politica italiana “non si discosta in nulla dall’approccio conflittuale degli Stati Uniti e degli altri partner della NATO, del G7 e dell’UE”: “volente o dolente [refuso freudiano?], è stata coinvolta in azioni ostili contro Mosca, che la trascinano sempre più nel conflitto”; a scapito della “cooperazione pacifica tra cittadini comuni russi e italiani, in oltre cinque secoli di patrimonio comune” [?];
– un atteggiamento che condurrebbe alla “trasformazione dell’Ucraina in Stato mercenario, arrivato ad organizzare attacchi terroristici [?]… allo scopo di infliggere alla Russia una sconfitta strategica, un cambio di regime, lo smembramento in tanti pezzi”;
– Stati Uniti, NATO e UE avrebbero “strappato l’Ucraina, che non esisteva prima del crollo dell’URSS [?], alla Russia e alla Comunità degli Stati Indipendenti [che comprende teoricamente la stessa Bielorussia]”;
– il vertice NATO di Vilnius avrebbe dimostrato che “l’Occidente persevera nella sua sconsiderata e ostinata intenzione di sconfiggere o indebolire ad ogni costo la Russia, di espellerla dal novero delle grandi potenze, di compromettere la sua leadership nel movimento per la costruzione di un nuovo ordine mondiale multipolare, più democratico e giusto”;
– (e dulcis in fundo) un insieme di comportamenti che avrebbero determinato [udite, udite] “l’autoisolamento dell’Occidente dalla Russia”.
Non manca tuttavia qualche spiraglio (specchietto per le allodole?):
– “in qualità di membro permanente responsabile del Consiglio di Sicurezza, la Russia non ha mancato di adempiere alla sua particolare responsabilità nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale”;
– Mosca “ritiene tuttorapossibile cambiare la situazione in Ucraina con mezzi diversi da quelli militari, e accetta con rispetto qualsiasi proposta di pace, da chiunque provenga: il Vaticano, un gruppo di Stati africani, Indonesia, Brasile o Cina”;
-in risposta alla “attuale crisi del sistema di sicurezza europeo”, dice che “non va dimenticato che nel dicembre 2021 [all’immediata vigilia dell’aggressione russa!] gli Stati Uniti e la NATO hanno respinto le proposte di Mosca di negoziare seriamente garanzie di sicurezza reciproche”.
Non una parola, a quest’ultimo proposito, sull’Atto di Helsinki della CSCE che, nel lontano 1975 (con l’URSS di Brezhnev!), fissò le regole di comportamento paneuropee, alle quali Gorbaciov aderì, ma che la Russia di Putin oggi rinnega. Né sugli impegni presi da Mosca con il memorandum di Budapest nel 1994, e con i due accordi di Minsk del 2004 e 2005.
Una mera elencazione di recriminazioni, quelle del nuovo rappresentante russo a Roma, apparentemente ritenute appropriate per far breccia nella sensibilità di un’opinione pubblica, quella italiana, che Mosca ritiene ancora e sempre permeabile.
L’Ambasciatore Paramonov era stato in predicato anche come rappresentante presso la Santa Sede. Papa Francesco, nell’incontro che ebbe con Putin nel 2019, gli suggerì di “essere più sincero”. Un consiglio al quale Mosca rimane purtroppo impermeabile.