La diplomazia, altrimenti

di 20 Giugno 2023

Ci si continua a chiedere, soprattutto in Italia, perché la diplomazia non si adoperi per porre un termine alla tragedia in Ucraina. Non ci rendiamo però conto che, pur non disponendo ancora dei presupposti per impostarvi un negoziato, è altrimenti quotidianamente all’opera.

Le visite a Kiev di emissari politici della più diversa provenienza si aggiungono alle ricorrenti riunioni internazionali alle quali partecipa  Zelenski nel costituire, in aggiunta alle forniture di materiale militare, altrettante indicazioni del sostanziale sostegno politico di cui l’Ucraina continua a disporre.

Del quale Mosca (che ha goffamente accolto soltanto una delegazione africana) tarda però a prendere le misure. Difficile, nelle condizioni attuali, appare infatti che la controffensiva ucraina possa  conseguire lo stallo fra le forze in campo necessario per schiudere qualche spazio negoziale.

A dimostrazione delle scarse alternative di cui dispone, Putin è tornato ad evocare il ricorso all’arma nucleare. Una minaccia intimidatoria che la Bielorussia asseconda (in violazione del memorandum di Budapest del 1994 sulla de-nuclearizzazione sua, dell’Ucraina e del Kazakhstan), ma che gli altri paesi nucleari quali Cina e India apertamente deplorano.

Nell’impossibilità di un diretto coinvolgimento militare, lo scopo principale della diplomazia occidentale non può essere per ora che di moltiplicare per Kiev le garanzie di ordine politico-strategico che, senza formalizzare la sua inclusione nella NATO, confermerebbero a Mosca la collocazione dell’Ucraina nella comunità politica europea e atlantica.

La stessa visita di Blinken a Pechino conferma quanto la diplomazia si adoperi, seppur non in funzione propriamente negoziale, bensì più generalmente normativa, per restringere il cerchio attorno alle intemperanze di Mosca.

Un ulteriore contributo dal significato diplomatico potrà essere fornito dalla riunione internazionale per la ricostruzione dell’Ucraina, prevista il mese prossimo a Londra. Sull’ultimo «Foreign Affairs», gli influenti Summers, Zelikov e Zoellick propongono un ennesimo Piano Marshall, da finanziare con le riserve russe depositate all’estero. Un’iniziativa da considerare, più che come sanzione, come ‘contromisura’ alle massicce violazioni russe del diritto di guerra.

Contrariamente a quanti ne denigrano l’apparente inanità, la diplomazia è quindi all’opera in una molteplicità di direzioni, non soltanto per decifrare le intenzioni russe, ma soprattutto per sollecitare la restante comunità internazionale, che non piò continuare a restare indifferentemente ai margini delle questioni mondiali.

Al pari dei nostri pacifisti della domenica.

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