Oltre che di Putin, Berlusconi si dichiarava amico, ricambiato, anche di Gheddafi. Non che ciò gli conferisse una particolare influenza sul loro comportamento.
La stessa presunzione continua ad animare la politica estera italiana, sempre alla ricerca di rapporti speciali ed esclusivi. Questa è la volta della Tunisia, dalla quale ci aspettiamo fattiva riconoscenza.
Le migrazioni di massa hanno raggiunto dimensioni planetarie. Non soltanto lungo la cosiddetta ‘verticale’ dal ‘Sud globale’ verso Nord, quanto anche fra Stati contigui al Sud. Non è con la retorica, buonista o rigorista, che se ne possono districare le molteplici componenti e interconnessioni. In un mondo inestricabilmente globalizzato, è una questione di vasi comunicanti, di capillarità, per la diversità fra aree del mondo relativamente prospere rispetto ad nazioni tuttora in preda ad una insostenibile pressione demografica.
Non è tanto del rifugio da concedere (temporaneamente) a quanti fuggono da zone di guerra (Siria, Ucraina) che si tratta, né dell’asilo da accordare (individualmente) a perseguitati politici (persino dalla Russia), quanto delle migrazioni per ragioni economiche (principalmente dall’Africa verso l’Europa, ma anche dall’America Latina verso gli Stati Uniti), che richiedono una ben diversa impostazione e programmazione. Bisognerebbe ricomporre quella politica di ‘assistenza allo sviluppo’, con i relativi condizionamenti in termini di buona amministrazione, nella quale l’Europa si era impegnata subito dopo le decolonizzazioni.
Il fatto però è che Russia e Cina, con le loro penetrazioni, rispettivamente militari ed economiche, ammantate di generosità ma prive dei medesimi condizionamenti, ne ostacolano oggi l’efficacia, senza rischiare di doverne subire le conseguenze, avvantaggiandosene anzi unilateralmente. Dalla Libia a lMali, dal Sudan alla Nigeria.
I paesi arabi del Nord Africa, nella loro qualità di membri dell’Unione Africana, dovrebbero essere convinti, nel loro stesso interesse, non ad erigere una barriera ai flussi immigratori di origine sub-sahariana, come Roma tenta velleitariamente di fare, bensì a proporsi come tramite fra l’Europa e l’Africa nera. Dissipando quelle accuse di neo-colonialismo che, praticandole invece loro stessi, Mosca e Pechino continuano ad imputare a Bruxelles.
È al contenimento dei flussi migratori nei paesi di origine, piuttosto che in quelli di transito, che l’Unione europea dovrebbe dedicarsi. È in tal senso che l’Italia dovrebbe prodigarsi a Bruxelles, invece di illudersi di poter incidere bilateralmente a Tunisi o Tripoli, sia pure facendosi accompagnare dalla Presidente della Commissione. Piuttosto che impostare iniziative comuni con Parigi, parimenti anche se diversamente interessata al Nord Africa.
La riunione dei Ministri dell’Interno dell’UE è stata prodiga di riconoscimenti verbali alle preoccupazioni italiane. Dei quali il nostro Primo Ministro si è ammantata in Tunisia, nel perseguire un ‘memorandum d’intesa’ bilaterale, ostentando una solidarietà che il Fondo Monetario non è invece disposto ad accordare. Senza riscuotere impegni di riforme interne, né di contrasto all’immigrazione clandestina.
In proposito, non è all’opinione pubblica nazionale che il nostro Governo può continuare a rivolgersi, in assenza di un più convinto concorso di Bruxelles.