La guerra continua, ma la diplomazia va riprendendo la propria funzione di aggregazione di una qualche volontà generale. Una controffensiva ucraina sarebbe alle porte, in virtù dei rifornimenti militari ottenuti; ma un’accresciuta solidarietà internazionale potrebbe riuscire a scongiurare ulteriori spargimenti di sangue.
Il periplo europeo dell’inviato speciale di Xi Jinping, ex Ambasciatore a Mosca, in Ucraina, Polonia, Francia, Germania e infine Russia, avviene parallelamente all’intransigenza (“ritiro incondizionato”) ribadita dal G7 di Hiroshima, allargato ad alcuni dei principali esponenti del ‘Sud globale’, quali India, Indonesia, Brasile. Approfondendo il solco che il Cremlino ha scavato sin dalla sua uscita di quel che per breve promettente tempo era stato un G8.
Sotto presidenza giapponese, il G7 ha rivolto un segnale, condito di chiari ammonimenti, anche a Pechino. Una Cina che pare comunque avere un’agenda non allineata con quella di Mosca. Tutt’altro. I paesi centroasiatici, che il 9 maggio erano tutti sulla Piazza Rossa, si sono infatti riuniti una settimana dopo a Pechino, attratti dalle ben più concrete lusinghe cinesi.
Una girandola di avvenimenti nei quali, dopo le sue visite nelle principali capitali europee, Zelenski si è abilmente inserito. Sorprendente, oltre alla sua presenza a Hiroshima, la sua tappa a Gedda in occasione del vertice della Lega Araba (“aprite gli occhi”, ha detto), rubando la ribalta al ritorno del siriano Assad in quel consesso regionale.
Un insieme di circostanze politiche che, in Ucraina, potrebbero condurre ad un percorso alternativo al mero responso delle armi. Lo stesso mancato incontro al G7 di Zelenski con il brasiliano Lula pare significare la volontà di quest’ultimo di salvaguardare la funzione mediatrice che ha dichiarato di voler esercitare.
“Hanno creato un deserto e lo chiamano pace”, diceva Tacito. La tragedia ucraina avrà però avuto l’effetto non soltanto di consolidare l’identità di una nazione, ma anche di stimolare una chiamata a raccolta internazionale e la vocazione politica di un continente troppo a lungo emarginato. Al quale la Russia sostiene di non voler (non poter?) appartenere.
Un’opera di generale ricostruzione, istituzionale e materiale, non potrà avvenire, l’abbiamo compreso, se non con il coinvolgimento dell’intera comunità internazionale.
P.S. Mi è ricapitato per le mani il saggio “Pan-Europa” di Coudenhove-Kalergy, pubblicato esattamente cent’anni fa. Fascismo, comunismo, un secondo conflitto mondiale, la guerra fredda, hanno da allora percorso il mondo. Ma le sue considerazioni potrebbero essere oggi ripubblicate tali e quali!