Ma che ne sanno i contestatori delle battaglie di Roccella e del suo editore

di 24 Maggio 2023

Liberale, militante, green, una vita per la libertà di pensiero, Florindo Rubbettino si scaglia contro la torma anti-ministra della Famiglia: «Avessero ascoltato la sua storia saprebbero cos’è una protesta»

di Caterina Giojelli

Intervista apparsa su TEMPI.IT il 24 maggio 2023

Qualcuno l’avrà pur delusa, «mi deludono i riflessi condizionati. Si fossero presi la briga, non dico di leggere il libro della ministra Roccella o di conoscere la storia di chi stava sul palco, ma almeno di guardare i video che mostrano come sono andate le cose, forse qualche giudizio “affrettato” avrebbero potuto evitarlo».

Florindo Rubbettino è un signore, e ai vittimisti per vocazione e professione – vedi Schlein, Orfini, Murgia, Saviano e le loro squinternate tesi sulla contestazione della ministra Roccella al Salone del libro di Torino – risponde modulando eloquentemente il tono: «Francamente non comprendo prese di posizione che non tengono conto del principio di realtà. Da quale parte è avvenuta l’aggressione e a chi è stato impedito di parlare è chiaro. Così come è chiaro che nessuno dei contestatori avesse la minima idea della storia di Eugenia Roccella e perché si trovasse lì».

Ma quale dissenso, a Torino è stata censura

E forse nemmeno idea della storia del suo editore Rubbettino: liberale, militante, green, il presidente dell’omonima casa editrice fondata dal padre Rosario nella Sila degli anni Settanta, diventata punto di riferimento per la saggistica in materia di liberalismo, politica, economia, non si è scomposto quando, il 20 maggio scorso, urla, fischi, cori, slogan e cartelli agitati da una trentina di attivisti (appartenenti soprattutto a Extinction Rebellion e Non una di meno) hanno interrotto la presentazione di Una famiglia radicale.

«Protestare è sacrosanto e legittimo, e la ministra ha mostrato assoluta apertura all’ascolto delle ragioni dei contestatori: è stata lei a chiedere che non venissero allontanati né silenziati offrendo loro la possibilità di salire sul palco e rendendosi disponibile a virare il dibattito dal suo libro alla cosiddetta “agenda” di chi le impediva di parlare». Offerta che non è stata accolta: «Invitati al confronto gli attivisti si sono limitati a leggere un confuso proclama e nessuno ha tolto loro voce e spazio. Dopo di che, a fronte di una prova di assoluta democrazia da parte della ministra, è stato letteralmente impossibile riprendere l’incontro o animare alcun dibattito. E questo è grave e non ha nulla a che vedere col dissenso. Non solo perché è stata negata la possibilità a chi era sul palco di parlare, ma anche a una notevole fetta di platea di ascoltare. In molti hanno a loro volta protestato ma sono rimasti sopraffatti da metodi e modi ben più aggressivi dei contestatori. Un bruttissimo segnale».

Ma che ne sanno i contestatori delle battaglie di Roccella e Rubbettino?

Una sceneggiata più che una protesta, contestatori decisamente incapaci, attrezzati in fondo solo di uno strampalato comunicato e cori insulsi: «Non possiamo stare a guardare mentre gli spazi ci vengono tolti per dare spazio a posizioni antiabortiste. La priorità è il clima, la regione deve prendere misure concrete per contrastare la crisi climatica», hanno declamato. Ma che ne sanno questi ragazzi con la bocca aperta e le orecchie chiuse delle battaglie di Roccella (a partire dallo sciopero della fame in sostegno alla 194) o di quelle condotte da mezzo secolo dai Rubbettino per la libertà e non da ultimo per la sostenibilità ambientale?

«Che tristezza di protesta», commenta l’editore, «avessero avuto l’umiltà di ascoltare chi avevano davanti si sarebbero resi conto che la storia raccontata da Eugenia Roccella è una storia di battaglie per i diritti civili, la difesa delle donne, la libertà di pensiero e di espressione. È una storia che racconta i sit-in, le manifestazioni, le proteste, ma anche l’evoluzione di un pensiero, la legittimità di cambiare idea, sbagliare e riconoscere di aver sbagliato o viceversa restare ancorati a ciò in cui si crede. Una famiglia radicale non è solo la vicenda umana di una donna, intrecciata con la storia del Partito Radicale, di cui il padre di Roccella, Franco, fu fondatore, di Marco Pannella, Pier Paolo Pasolini: è una vicenda corale, di un pezzo di società italiana e di mondo politico e culturale italiano che io credo sarebbe stato utile e istruttivo ai contestatori ascoltare». Quanto nostra storia di sostenibilità e libertà di Rubbettino, «credo di rappresentare la casa editrice che continua a destinare più di

tutti attenzione ai temi green. E questo non solo a livello di pratiche, consumi e produzione responsabile, ma anche di libertà di scelta. Negli ultimi mesi siamo in libreria con due volumi dalle prospettive quasi antitetiche: mi riferisco a Dialoghi sul clima e Ecoshock, due punti diametralmente opposti che, come è nel dna della nostra casa editrice, intendiamo far dialogare».

La società illiberale della torma del Salone

E torniamo ai fatti di Torino e alla torma che ha aizzato lo scontro su Roccella: per la sinistra che brama il governo la ministra lasciando il Salone «ha scelto il vittimismo» (Matteo Orfini), è «autoritaria» e ha un problema «con ogni forma di dissenso» (Elly Schlein); per muse e maggiordomi della sinistra stessa, a Torino «nessuno le ha “impedito” niente”» (Luca Sofri), è venuta «a provocare», «la contestazione alla Roccella è quanto di più sano possa avvenire in una democrazia» (Roberto Saviano),

«quello che tu hai fatto e che è scritto e teorizzato in questo libro ha reso la mia vita peggiore, quindi io qui non ti lascio parlare: non ne hai il diritto» (Michela Murgia).

E poi ci sono loro, gli esagitati (29 denunciati) secondo i quali Roccella andava zittita in nome del clima, dell’aborto, delle donne, di chi si batte contro l’abuso di potere eccetera: «Se si adotta il criterio di decidere chi possa parlare o no in funzione di alcuni princìpi, si imbocca una strada pericolosissima e illiberale. Se oggi la priorità è il clima, e togliamo voce a chi non è funzionale alla narrazione sul clima, domani l’emergenza potrà essere un’altra, poi un’altra ancora. Impedire il diritto di parola significa ritenere di avere un punto di vista privilegiato sul mondo e il dovere di silenziare chiunque non sia funzionale ai fini che ciascuno autodetermina: l’umanità si è già avventurata su questa strada. La società liberale è esattamente l’opposto. È la possibilità di dare a tutti voce, salvo che ai violenti, perché è dal confronto e dalla battaglia delle idee che si può competere alla risoluzione dei problemi. Il dissenso e la democrazia non hanno nulla a che vedere con i fatti di Torino». E nemmeno col doppiopesismo di certa stampa: quando l’immunologa Antonella Viola è stata interrotta al Salone del Libro da un No Vax seduto tra il pubblico, nessun giornale ha avuto dubbi su chi fosse l’aggressore e l’aggredito: «Esattamente», conclude  Florindo Rubbettino ricordandoci cosa sono i riflessi condizionati e il principio di realtà.

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