In alto mare

di 13 Marzo 2023

Da due settimane, il naufragio avvenuto a Cutro ha monopolizzato l’attenzione nazionale, marginalizzando altri argomenti, nazionali e internazionali, mentre i flussi immigratori sono continuati imperterriti.

In un confuso rimpallo di responsabilità su una questione, quella dell’immigrazione di massa da anni fuori controllo, estremamente intricata, che continua ad essere affrontata in un groviglio di considerazioni ispirate al contempo a imperativi di ordine pubblico e a umana compassione. Radicalizzando il confronto fra un Governo alle prime armi e un’opposizione in corso di riassestamento. Nel bel mezzo di una grave transizione internazionale, permangono le nostre recriminazioni contro una “Bruxelles matrigna”.

Nel paese dell’eterno ognun per sé, si è piuttosto nuovamente palesata la cronica assenza di coordinamento fra le varie amministrazioni. Con la gestione della questione immigratoria è ripartita fra ben sei Dicasteri, Interno, Finanza, Difesa, Infrastrutture, Lavoro e Esteri, ogni Ministro tira la coperta (corta) dalla propria parte. Riconoscendo l’inconcludente grave rimpallo di responsabilità, la Presidenza del Consiglio avrebbe deciso di avocarne a sé la conduzione d’assieme.

Evidente è che non possiamo continuare a trattare dal solo punto di vista amministrativo le conseguenze di un fenomeno dalle molteplici cause e conseguenze. Iniziando col distinguere le motivazioni dei migranti: distinguendo le richieste di asilo politico, le sole disciplinate dalla Convenzione di Dublino, dalle condizioni dei rifugiati da situazioni aperte di conflitto o crisi, e dalla massa di migranti per motivi economico-sociali, provenienti specialmente da un continente africano disastrato. (Diversa è la situazione lungo la ‘rotta turca’, che pare aver sostituito l’Italia ai Balcani).

Premessa indispensabile per disciplinare i flussi, legalizzandoli, rimane comunque la collaborazione dei paesi di origine e di transito, che sono scarsamente interessati, dati i vantaggi che ne ricavano in termini di ridotta pressione demografica e di risultanti rimesse finanziarie. Un impegno che, non potendo essere affrontato bilateralmente, esige invece una politica comune dell’Unione, nell’appropriata revisione dei suoi Trattati di assistenza allo sviluppo. In collegamento anche con l’Alto Commissario dell’ONU per i rifugiati, l’italiano Grandi, trattandosi di materia dalle dimensioni globali.

Il fenomeno immigratorio andrà poi affrontato anche all’altro estremo della sua parabola, in funzione delle capacità di integrazione nei paesi di accoglienza e, in generale, nel più ampio ambito dello Spazio Schengen. Tenendo presente che quest’ultimo non è né unico, come il mercato e la moneta, né comune, come la politica estera, bensì da organizzare in modo collaborativo fra le capacità di assorbimento e i diversi ‘contratti sociali’ dei Ventisette.

L’Italia, per quanto paese di prima linea, non dovrebbe pertanto limitarsi a fare appello alla generosità altrui, bensì farsi promotrice di una più specifica politica comune nei confronti di un continente, quello africano, che le condizioni internazionali stanno abbandonando alle iniziative ‘predatorie’, sostanzialmente neo-colonialiste, di Cina e Russia. Di ben diversa consistenza sono le immigrazioni di altra provenienza, dal Medio Oriente all’Afghanistan, oltre a quelle dall’Ucraina, dove sempre l’Europa deve tornare a presentarsi fattivamente in più ampi termini politici e contrattuali.      

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