L’educazione è opera necessariamente sociale, non solitaria. Ora tre sono le società necessarie, distinte e pur armonicamente congiunte da Dio, in seno alle quali nasce l’uomo; due società di ordine naturale, quali sono la famiglia e la società civile; la terza, la Chiesa, di ordine soprannaturale. Dapprima la famiglia, istituita immediatamente da Dio al fine Suo proprio, che è la procreazione ed educazione della prole, la quale perciò ha priorità di natura, e quindi una priorità di diritti, rispetto alla società civile. Nondimeno la famiglia è società imperfetta, perché non ha in sé tutti i mezzi per il proprio perfezionamento, laddove la società civile è società perfetta, avendo in sé tutti i mezzi necessari al fine; onde, per questo rispetto, cioè in ordine al bene comune, essa ha preminenza sulla famiglia, la quale raggiunge appunto nella società civile la sua conveniente perfezione temporale. La terza società, nella quale l’uomo nasce, mediante il Battesimo, alla vita divina della Grazia, è la Chiesa, società di ordine soprannaturale e universale, società perfetta, perché ha in sé tutti i mezzi ordinati al suo fine, che è la salvezza eterna degli uomini, e pertanto suprema nel suo ordine. Per conseguenza l’educazione, la quale riguarda tutto l’uomo individualmente e socialmente, nell’ordine della natura e in quello della grazia, appartiene a tutte e tre queste società necessarie, in misura proporzionata, corrispondente, secondo il presente ordine di provvidenza stabilito da Dio, alla coordinazione dei loro rispettivi fini.
Pio XI, Divini illius Magistri
Carissimi Genitori,
ho deciso di rivolgermi direttamente a Voi che avete scelto per la formazione dei vostri figli una delle scuole paritarie, sparse su tutto il territorio nazionale. Vi scrivo chiedendovi la cortesia di diffondere i contenuti di questa lettera, tra le vostre conoscenze, tra i genitori che hanno scelto per i loro figli una scuola pubblica paritaria o una scuola pubblica statale. Nel campo educativo, infatti, non possono esistere logiche di divisione o conflitto.
Stiamo vivendo un’epoca del tutto particolare. Certamente ogni epoca della storia dell’uomo può essere così definita. Di sicuro la particolarità della nostra epoca è legata al fatto che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, con una certa e drammatica intensità, perché non vi eravamo abituati, soprattutto nel nostro ricco e moderno Occidente, il senso della precarietà e dell’incertezza: il covid, prima, la guerra in Ucraina, poi, hanno fatto emergere paure mai da noi sperimentate: paura di morire, innanzitutto, paura della guerra, di una guerra molto vicina ai nostri confini.
Viviamo altresì un’epoca in cui il concetto di giusto e di sbagliato è sottoposto al tarlo lacerante del relativismo, un’epoca in cui si rivendicano tanti diritti, i più disparati, ma si dimenticano i doveri. Un’epoca in cui vengono propinate e supinamente accettate forme di manifestazione per alcuni diritti del tutto inadeguate, in nome di una presunta libertà del pensiero e della sua manifestazione, mentre in altri Paesi del mondo chi manifesta, facendolo nel modo più semplice e rispettoso di tutti, ossia scendendo nelle vie e nelle piazze, sparisce e finisce per essere torturato e ucciso, rinnovando il sacrificio del Servo innocente.
Questa è la realtà del 2023. Comprenderete che, per vivere una simile realtà ed essere in grado di intervenire responsabilmente su di essa, agire nel campo educativo diviene quanto mai urgente, perché i nostri giovani, dall’ineffabil riso del bambino di sei mesi al confidente ingegno del ragazzo di 19 anni, abbia quelle necessarie doti di analisi, discernimento e resilienza assolutamente necessarie per non essere in balia degli eventi, in balia delle emozioni, in balia di chi trae meschino profitto dalla povertà culturale dell’altro.
Lo sapete, da anni vado denunciando l’iniquità di fondo del nostro sistema scolastico, una iniquità tutta italiana, per di più: il genitore italiano non sceglie la scuola per il proprio figlio. La maggioranza dei papà e delle mamme si accontentano della scuola pubblica statale, solo pochi possono scegliere di mandare il proprio figlio presso una scuola pubblica paritaria. Ma anche questi pochi si devono accontentare, accettando di subire una doppia ingiustizia: pagare una retta e, al contempo, pagare le tasse per un servizio (la scuola pubblica statale) del quale non usufruiscono. Talvolta, pensando al lavoro della Scuole paritarie, dei suoi consulenti, delle direzioni didattiche, dei docenti, riflettendo sulle fatiche che il pagamento di una retta determina alle famiglie, il mio animo trasale e rimane sgomento; davanti alle tante battaglie per questo o quel diritto, per la difesa del pianeta, contro lo spreco delle risorse, e potrei andare avanti all’infinito, mi chiedo: possibile che nessuno manifesti contro un sistema scolastico iniquo, dai risultati scolastici che vedono l’Italia, soprattutto in alcune regioni (guarda caso proprio in quelle dove meno è garantito il pluralismo educativo), essere agli ultimi posti per i risultati scolastici raggiunti dagli studenti?
Fortunatamente, negli anni, attorno al tema scuola pubblica paritaria, il muro dell’ideologia è stato abbattuto, si è imparato a distinguere tra scuola “privata” e scuola “paritaria” che svolge un servizio pubblico, anche se il gestore è privato (il carattere pubblico, come l’Europa ci ha ricordato, deriva non da chi gestisce il servizio ma da chi ne beneficia), tra scuola paritaria e diplomificio; ancora, grazie al ministro Bianchi, si è proceduto ad un’indagine sul mondo della scuola paritaria, arrivando a tracciare un quadro dettagliato, certo di quello che è rimasto dopo il covid, inutile dirlo. A monte, e questo lo dobbiamo alla Ministra Valeria Fedeli, si è abbattuto un altro pregiudizio, quello per il quale la scuola pubblica paritaria lucra dalla propria attività. Questo pregiudizio è stato sradicato, ovviamente nelle menti intellettualmente oneste, grazie ad un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria, ossia l’individuazione del Costo Medio Studente. Ogni anno, infatti, il Ministero pubblica, con apposita circolare, il costo medio per il servizio di istruzione dello studente italiano, per tutti i corsi, dall’Infanzia alla Scuola Secondaria di II° Grado. Questo dato consente a) di comprendere lo spreco di pubblici denari (alias le tasse dei contribuenti) della scuola statale, b) di comprendere la realtà dei fatti in ordine al presunto guadagno della scuola paritaria. La Circolare emanata in data 30 gennaio 2023 presenta le seguenti cifre:
SCUOLA DELL’INFANZIA | SCUOLA PRIMARIA | SCUOLA SEC. I° GRADO | SCUOLA SEC. II° GRADO |
Euro 7.088,51 | Euro 7.164,43 | Euro 7.200,74 | Euro 7.129,81 |
Vi invito a confrontare queste cifre con le rette da voi versate: vi accorgerete che quanto l’Istituto paritario richiede per la frequenza è di molto inferiore alle cifre elaborate dal Ministero. Le Congregazioni, così come molte altre che sono rappresentate nelle Conferenze USMI e CISM che ne riuniscono i Superiori e le Superiore maggiori, hanno stabilito, per non contribuire alla definitiva divisione della società fra famiglie ricche e famiglie povere, di tenere i costi il più contenuti possibile, quanto basta per poter mantenere aperta una scuola. Ci si accontenta di un bilancio in pareggio (cosa assai rara) o di una perdita tenuta sotto controllo e coperta dall’intervento delle Congregazioni di appartenenza, grazie a mutui concessi su ipoteca degli immobili. Questa è la realtà. Ma fino a quando le Congregazioni potranno reggere un simile sforzo? Per fortuna, regioni virtuose come Lombardia e Veneto hanno introdotto misure a sostegno del pluralismo educativo, come la DOTE SCUOLA per i genitori lombardi, una vera manna, un vero aiuto. Ma nelle altre regioni? Nulla. E la conseguenza è che, soprattutto a seguito delle difficoltà create dal covid, molte scuole hanno chiuso i battenti e i loro studenti si sono riversati sulla scuola statale ormai al collasso.
Sempre grazie all’abbattimento del muro dell’ideologia, anche nel campo degli aiuti agli studenti disabili si è avuta la possibilità di intervenire proficuamente. Stando alle rilevazioni ufficiali del Ministero dell’Istruzione, negli ultimi cinque anni il numero di alunni disabili iscritti alle scuole paritarie è continuamente cresciuto, arrivando nell’anno scolastico 2018/2019 a 15.350, pari a circa l’1,8% degli 866.500 alunni totali degli istituti non statali. Nel 2013-2014 erano 11.862 (1,2% del totale) e quindici anni prima 7.536 (0,8%). Il contributo dello Stato per ciascun ragazzo disabile che frequenta le scuole statali si aggira mediamente intorno ai 20 mila euro. Con i 70 milioni inseriti nella legge di Bilancio, grazie al Ministro Valditara, il fondo per i disabili stabilizzato dal 2017 con 24 milioni di euro è passato a 113,4 milioni.
Eppure, quando sembra che tutto stia andando verso il porto sicuro della libertà, ecco all’orizzonte un’altra grave minaccia abbattersi sulla scuola paritaria: la richiesta da parte di Comuni mossi da pura ideologia di chiedere il versamento dell’IMU, con cifre insostenibili, ulteriore causa di chiusura. Nel tentativo scellerato e iniquo di fare cassa da parte dei Comuni, si vanno a colpire i cittadini: gli uni che saranno costretti a trovare un’altra scuola per i propri figli, gli altri che si ritroveranno nuovi compagni che contribuiranno, non certo per loro volontà, a far collassare il sistema e a inficiare il loro apprendimento. Di male in peggio.
Cari genitori, mi fermo. Comprenderete che occorre uno sforzo da parte di tutti per porre fine all’ingiustizia, per non essere corresponsabili di iniquità perpetrate ai danni dei poveri, dei fragili. Denunciamo assieme quanto accade nel sistema scolastico italiano, portiamolo all’attenzione di tutti, facciamo capire che si tratta della prima delle ingiustizie risolta la quale, probabilmente, a catena se ne risolverebbero altre, a partire dalla lotta alla criminalità e ad ogni forma di violenza, conseguenza dell’ignoranza.
Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. Sagunto, in questo caso, siete voi, cari genitori, sono io, sono i docenti dei vostri figli, sono tutte quelle persone che desiderano un sistema scolastico libero, equo e in grado di formare la mente dei cittadini. Ma forse è proprio questo che si teme.
Vi ringrazio per l’attenzione che vorrete dare a queste mie riflessioni che ho voluto condividere con Voi con grande semplicità.
Andiamo avanti con coraggio molto possiamo fare al servizio della Res-Publica.
Sr Anna Monia Alfieri
Dove poi anche questa libertà elementare viene impedita e in vari modi ostacolata, i cattolici non si adopereranno mai abbastanza, anche a prezzo di grandi sacrifizi, nel sostenere e difendere le loro scuole e nel procurare che si sanciscano leggi scolastiche giuste.
Pio XI, Divini illius Magistri
Milano, 16 Febbraio 2022