L’eterna “terra del futuro”

di 12 Gennaio 2023

Rifugiandovisi dalla sua Austria, per le ragioni descritte nel suo “Mondo di ieri”, suicidandovisi poi per la disperazione delle condizioni europee che non riuscì a dissipare, Stefan Zweig descrisse il Brasile come ‘terra del futuro’. Una definizione riemersa ricorrentemente, che potrebbe estendersi all’intero continente sudamericano, che tarda a realizzarsi.

Bisogna peraltro oggi riconoscere che la ripetizione, a Brasilia, degli avvenimenti verificatisi esattamente due anni fa a Washington dimostrano, se ve ne fosse ancora bisogno, lo stato confusionale attraversato dall’odierna politica globale, a livello tanto nazionale quanto, conseguentemente, internazionale.

Nei confronti di opinioni pubbliche parimenti disorientate, e all’erosione del consenso interno che ne risulta, le autocrazie, russe, cinesi, iraniane, si irrigidiscono, a tutela dell’autorità statale. Evidenziando, di riflesso, l’intrinseca vulnerabilità delle democrazie, percorse ormai da un estremismo populista sterilmente privo di ogni connotazione ideologica.

Anche se bisogna continuare a fidare nella flessibilità degli uni rispetto alla rigidità degli altri sistemi, il diffuso mal comune richiederebbe una risposta comune, per quanto diversificata, al diffondersi dell’istinto di ‘servitù volontaria’ descritto da De La Boétie nel lontano Cinquecento.

Se l’America e il Regno Unito, fonti del liberalismo, appaiono oggi attraversare gravi difficoltà costituzionali, diversamente da quanto accade in Oriente, dalle nostre parti il mito dell’uomo ‘forte’ finisce, se non in tragedia, in derisione. L’America Latina rimane però un ibrido, in istato magmatico, adolescenziale.

L’intera America Latina, dall’Argentina al Venezuela a Cuba, composta, al pari degli Stati Uniti, da cugini dell’Europa, soffre di croniche crisi di crescenza che l’hanno troppo a lungo isolata dal resto del mondo. Mentre la necessaria ricomposizione di un Occidente attestato sulla difesa dei propri principi, essenzialmente democratici, necessiterebbe il suo, per quanto diversificato, concorso.

Nell’insieme, ne risalta la validità del modello federativo europeo che, pur sollecitato da analoghe pulsioni interne e internazionali, nei momenti di emergenza si dimostra solidale, inclusivo, propositivo, pur nel rispetto delle diverse sensibilità nazionali.

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