Secondo alcuni, la guerra in Ucraina avrebbe svelato per l’ennesima volta l’inconsistenza dell’Unione europea e, pertanto, la sua irrilevanza sulla scena internazionale. Lo stesso suo motore franco-tedesco si sarebbe inceppato.
Mentre Putin sfida apertamente il sistema internazionale vigente, e Pechino si propone piuttosto di piegarlo ai propri fini, l’Europa appare statica, ininfluente. L’Unione, si sa, non ha né può pretendere di disporre dell’assertività degli altri protagonisti sulla scena mondiale. Il valore aggiunto dell’Unione, unico attore geneticamente multilaterale, consiste nel presentarsi come modello, in funzione aggregante, essenzialmente normativa, per l’auspicabile ricomposizione di un sistema internazionale non antagonistico.
La sua credibilità di utile interlocutore, la sua stessa visibilità, richiedono però quanto meno una più esplicita convergenza di propositi a Ventisette, ognuno dei quali, nelle attuali condizioni continentali, appare invece sulla difensiva,
arroccato in difesa dei propri specifici interessi. Indispensabile rimane pertanto la trazione franco-tedesca, pur nella diversità dei rispettivi atteggiamenti.
Macron continua a prodigarsi come mosca cocchiera, tanto nel continuare a dichiararsi disponibile ad un dialogo, sia pur ‘esigente’ con Putin, quanto nel promuovere una ‘comunità politica europea’ allargata ad ogni potenziale partner dell’Unione. Nel riaffacciarsi sulla scena internazionale, la Germania di Scholz rimane invece più guardinga, rivolgendosi piuttosto alla Cina, importante partner commerciale e potenziale mediatore con Mosca, con l’invocazione di ‘rapporti equi e reciproci’.
Due strategie diverse, ma potenzialmente complementari, in rappresentanza dell’intera Unione, altrimenti interdetta. Che vanno ad aggiungersi al triangolo fra Francia, Regno Unito e Stati Uniti, esterno all’Unione, in corso di formazione: ne fa fede il recente comunicato congiunto che hanno rivolto a Putin. Al quale dovrebbe corrispondere un’Unione più convinta di una propria autonomia strategica rispetto a Washington e alla NATO, utile ad aggregare altri attori internazionali nel contenimento delle mire di Mosca.
Alquanto innovativa sarebbe l’ipotesi negoziale evocata da Federico Fubini sul «Corriere della Sera» di qualche giorno fa. Rivolta a estendere l’opera di riassorbimento della crisi ucraina, mediante l’istituzione di ‘impegni di sicurezza occidentali’ e il coinvolgimento dell’ONU con ‘l’interposizione di un contingente di peacekeeping sul terreno, che includa forze europee e cinesi, turche, indiane, egiziane” (nel mantenimento delle sanzioni fino ad un non meglio specificato ritiro delle truppe russe).
Un’ipotesi nella quale un’Italia più attivamente ‘pacifista’ potrebbe riconoscersi. Dimostrandosi per una volta propositiva, compartecipe, invece che sempre passivamente al traino delle iniziative altru