Sub judice

di 12 Ottobre 2022

L’Italia, sempre imprevedibile, è ancora una volta, più che mai, sotto osservazione. A Bruxelles, a Washington, a Parigi, oltre che, forse a maggior ragione, a Mosca.

Vibrata è stata l’indignazione per l’asserita indebita ingerenza dei commenti espressi della Ministra francese per gli affari europei. Altrettanto vibrata, però, all’opposto, la nostra indignazione nei confronti di un Cancelliere tedesco che, in attesa di decisioni comuni europee, si è permesso di mettere i propri imprenditori al riparo dall’incremento dei prezzi dell’energia.

Nell’ennesima testimonianza della nostra insofferenza nei confronti dei due principali attori europei, ai quali pretenderemmo di affiancarci. Senza essere però in grado di esplicitare quello specifico interesse nazionale al quale il nuovo Primo Ministro, senza definirlo, si appella con particolare vigore.

A confondere ulteriormente le cose, la sinistra estrema prepara una ‘marcia per la pace’, rivolta a contestare l’invio di armi all’Ucraina e le sanzioni alla Russia. . Le nostre manifestazioni di solidarietà si rivolgano piuttosto al destino delle donne iraniane. Ai nostri balconi, i vessilli dai colori dell’iride non compaiono più, mentre si moltiplicano le proteste per l’aumento delle bollette.

Ancora una volta, in una situazione di emergenza dalle proporzioni globali, ci rifugiamo in un nazionalismo degno di miglior causa. In un’istintiva introversione rispetto alla quale non abbiamo ancora trovato gli anticorpi, né sviluppato una consapevolezza della nostra specifica identità. Da far valere non come respingente, bensì come alimento per la nostra migliore affermazione sulla scena internazionale.

Nazionalismo e patriottismo non debbono necessariamente consistere nel voltare le spalle al mondo esterno. Vi è chi va riscoprendo il valore di un ‘nazionalismo liberale’, che stimoli l’istinto di appartenenza in una società internazionale fattasi aperta, eterogenea, diventata pertanto più esigente.

Ernest Renan ricordava che la nazione consiste nel “voler vivere insieme”,

alimentato da “un plebiscito di tutti i giorni”. Il nostro senso di appartenenza alle comunità europea ed occidentale, alle quali l’Italia si è sempre aggrappata, tarda a radicarsi.

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