Una docente canadese mi ha segnalato un interessante articolo, la cui lettura ha fatto scaturire in me una serie di considerazioni che voglio condividere, con grande semplicità ma con altrettanto grande conoscenza di dati, con voi, carissimi giovani di oggi. Ne riporto, innanzitutto, integralmente il testo, nella traduzione dal francese, mettendo personalmente alcuni “grassetti”:
Secondo l’ultimo budget provinciale, sei scuole del Quebec su 10 sono in cattivo stato. Come reazione a questa triste statistica, il governo ha annunciato l’inserimento di nuovi fondi per rettificare la situazione. Bisogna comunque sottolineare che “crisi” di questo tipo si sono prodotte a ripetizione nel corso degli ultimi decenni: risultati scoraggianti nelle prove normalizzate, debole tasso di diplomati, violenza nelle scuole, mancanza di preparazione agli studi post secondari, eccetera. Ogni volta, gli attori della scena politica chiamano a introdurre nuove somme, a reinvestire, a rifinanziare o ad aumentare il finanziamento. Detto altrimenti, si cerca sempre di migliorare i risultati scolastici spendendo di più. Ora, nel trattare le risorse dedicate all’educazione, si passa a fianco di un nodo primordiale: la maniera in cui queste risorse sono utilizzate. Infatti, il Québec guadagnerebbe enormemente nel ridurre le attività del Ministero dell’Educazione (notoriamente comprimendo il personale amministrativo), nel riassegnare i fondi destinati alle scuole, affinché le scelte dei genitori determinino dove vanno i soldi dei contribuenti, e nel rinforzare l’autonomia delle scuole. Queste misure farebbero verosimilmente abbassare le spese governative, oltre che aumentare le ricadute cognitive e non cognitive per gli alunni. Debole correlazione tra le spese e i risultati Molti studi empirici – trattando casi passati e contemporanei – constatano una debole correlazione tra l’ampiezza delle somme impiegate e i risultati scolastici ottenuti. Nel migliore dei casi si osserva una piccola correlazione positiva, ma soltanto quando le somme spese per alunno sono maggiori. Questi magri vantaggi generati dipendono molto dal tipo di spesa (per esempio, per degli edifici e per il personale anziché per il materiale destinato ai bambini). Nel peggiore dei casi, l’effetto può anche essere controproducente in certe circostanze. È la constatazione – largamente illustrata negli studi statunitensi e internazionali – che risulta da statistiche del Quebec le quali mostrano che i risultati alle prove di matematica del programma internazionale per il monitoraggio del acquisizioni degli alunni (PISA) sembrano stagnare (-1,5%) dal 2006, mentre le spese per alunno sono considerevolmente aumentate (+ 18%). Questa constatazione è coerente con la teoria economica standard, secondo la quale non è solo la quantità di denaro iniettato nella prestazione di un bene o di un servizio che conta: il modo della prestazione è ugualmente importante, anche di più. La struttura organizzativa del sistema gioca dunque un ruolo determinante. Inoltre, come mostra chiaramente la letteratura, i sistemi che decentralizzano la gestione su scala locale, offrono delle scelte e delle vie d’uscita ai genitori e creano dei meccanismi locali di affidamento (la partecipazione a delle associazioni scolastiche), guadagnando in efficacia, qualunque sia la cifra spesa. In generale, questi sistemi prevedono che lo Stato non si occupi della prestazione del servizio e si concentri unicamente sul finanziamento, il quale è orientato dalle scelte dei genitori. Ci sono tre motivi principali che spiegano questi risultati. In primis, le caratteristiche socio economiche variano enormemente, anche su scala locale. In via generale, le politiche “taglia unica” hanno la tendenza a produrre dei risultati deludenti presso gruppi così eterogenei. Di contro, maggiore decentramento e autonomia per le scuole lascia il posto alla personalizzazione, il che permette alle istituzioni scolastiche di organizzare le risorse ricevute in modo da massimizzarne l’efficacia in funzione dei gruppi di appartenenza. Secondariamente, i genitori giocano di solito un ruolo più importante nei sistemi decentrati, il che crea un feedback positivo tra gli amministratori delle scuole e la popolazione locale e contribuisce a migliorare la personalizzazione. In terzo luogo, quando lo scopo del finanziamento riposa sulle scelte dei genitori, questi ultimi hanno una via di uscita che, di rimbalzo, spinge fortemente le scuole a fare una personalizzazione di grande qualità. Detto altrimenti, è possibile ridurre le spese in educazione migliorando contemporaneamente i risultati attraverso una revisione della struttura del sistema. La letteratura statunitense sul rapporto costo- efficacia delle scuole paritarie ne fornisce un buon esempio empirico. Anche se le scuole paritarie degli Stati Uniti sono finanziate dallo stato, esse beneficiano di una maggiore autonomia rispetto alle scuole pubbliche tradizionali, a condizione di rispettare alcuni criteri di rendimento. Uno studio recente che mette a confronto il rapporto costo-efficacia in 7 grandi città americane ha rivelato che ogni tranche di 1.000 $ di spese pubbliche genererebbe un rialzo dei risultati scolastici da 4,5% a 92% più elevato nelle scuole paritarie piuttosto che nelle scuole pubbliche tradizionali (vedi la figura 2). Questo scarto, anche osservato in numerosi articoli del settore è attribuibile alla flessibilità che procura una autonomia accresciuta, che permette di adattare i metodi alla popolazione locale. Ricadute cognitive e non cognitive Questa personalizzazione procura vantaggi piuttosto sostanziali, che vanno al di là di un semplice rapporto costo-efficacia. Si può ripartirli in due categorie: le ricadute cognitive (ossia i risultati alle prove) e non cognitive. Per ciò che concerne le ricadute cognitive, la letteratura è molto solida, basandosi su dei tentativi controllati randomizzati (ECR). Gli ECR hanno l’approvazione degli economisti, perché ricreano delle condizioni sperimentali permettendo di valutare direttamente la causalità di un trattamento dato all’occorrenza, l’introduzione delle scelte per i genitori e dell’autonomia delle scuole. Qui, il termine “randomizzato” significa che i genitori hanno la possibilità di scegliere la scuola se essi partecipano a un sistema di lotteria che permette ad alcuni tra loro di inviare i loro bambini in un’altra scuola pubblica o di ricevere dei buoni di studio. Siccome la lotteria è aleatoria, noi possiamo confrontare l’incidenza sui bambini selezionati o no e così formulare delle affermazioni sull’incidenza delle scelte dei genitori e dell’autonomia delle scuole. La maggioranza degli ECR che si basano sull’aumento delle scelte dei genitori stabilisce chiaramente una correlazione positiva con le ricadute cognitive. In effetti, 10 dei 17 ECR hanno rivelato dei miglioramenti statisticamente significativi dei risultati in matematica e in lettura, 4 non hanno mostrato alcuna incidenza, 1 ha rivelato degli effetti mitigati e 2 delle ripercussioni negative. In più, i due studi che hanno mostrato delle ripercussioni negative portano su casi in cui l’aumento dell’autonomia delle scuole e delle scelte dei genitori era debole rispetto ad altri casi studiati nella letteratura. È dunque molto chiaro che un aumento importante delle scelte dei genitori e dell’autonomia delle scuole migliora generalmente il rendimento. Nonostante tutto, le ricadute cognitive non rappresentano la parte del leone nei vantaggi apportati dalle scelte dei genitori e dall’autonomia delle scuole. Per i genitori, l’educazione non si limita ai risultati di prove normalizzate che testano le capacità in lettura e in matematica. Essi si preoccupano ugualmente dell’ambiente sociale in cui i loro figli saranno educati e del benessere mentale che esso procurerà loro. Quando gli aspetti della salute mentale sono un criterio importante per loro nell’ambito educativo, i genitori potranno trovare un servizio più adatto se essi avranno una maggiore scelta di scuole. E in effetti, la letteratura constata una forte correlazione tra l’abbondanza delle scelte offerte ai genitori in materia di educazione e il miglioramento della salute mentale degli alunni. Uno studio recente mette a confronto la salute mentale degli alunni prima e dopo la possibilità di scegliere la scuola in certi Stati americani e negli Stati che non danno questa scelta ai genitori. Questa metodologia, largamente diffusa nel campo delle analisi economiche, dà l’occasione ai ricercatori di ponderare le cause degli effetti constatati. Presso gli adolescenti dai 15 ai 19 anni, gli autori hanno osservato una diminuzione del 10% del tasso di suicidio dopo l’instaurazione della possibilità di scegliere la scuola. Allorché essi hanno integrato nelle loro analisi altri dati, come la percentuale di bambini che evidenziano problemi di salute mentale (per esempio, anoressia o bulimia), essi hanno constatato delle ricadute simili. La probabilità che il bambino abbia dei problemi affettivi diminuiva da 1,9 a 2,9 punti percentuali, un miglioramento considerevole dato che il 3% dei membri del gruppo studiato segnalavano questo genere di problemi. Questa constatazione importante comprova degli studi passati, meno solidi, che stabilivano un legame tra la possibilità di scegliere la scuola e la salute mentale. Secondo gli autori, le ricadute positive deriverebbero dalla migliore delle scuole verso le sfide rappresentate dal bullismo, dalle attività parascolastiche e dal coinvolgimento civico. Esse adattano dunque i loro servizi ai bisogni della popolazione locale e creano una cultura scolastica più positiva. Poiché la maggior parte delle persone sono favorevoli ai vantaggi dei miglioramenti cognitivi – le cui implicazioni sono evidenti -, è più difficile afferrare le ricadute dei miglioramenti non cognitivi. Ciò nonostante, questo non significa che esse abbiano poco valore. Infatti, la loro importanza è probabilmente equivalente a quella dello sviluppo cognitivo, poiché si sa che la salute mentale all’inizio dell’adolescenza è un buon indicatore delle capacità di lavoro e dei risultati futuri nella vita. Il problema del bullismo è probabilmente quello che illustra al meglio l’importanza di queste ricadute. Quando una persona è vittima di bullismo tra i 13 e i 16 anni, i suoi risultati scolastici e i suoi rimandi sono nettamente minori una volta che arriva a 25 anni. Poiché la possibilità di scegliere la scuola sembra spingere le istituzioni scolastiche a riferirsi al bullismo, le ricadute di questo tipo di politica non potranno osservarsi che dopo un certo tempo, ma esse saranno tuttavia considerevoli a lungo termine. Conclusione Tutti converranno: è importante migliorare le ricadute cognitive e non cognitive per i bambini e le politiche educative giocano un ruolo cruciale a questo riguardo. Tuttavia, sarebbe illusorio pensare che è solo per l’aumento delle spese governative in educazione che si otterranno questi miglioramenti, poiché il modo in cui i soldi sono utilizzati è più importante della somma messa a bilancio. L’essenziale della letteratura empirica nel campo dell’economia dell’insegnamento indica che le politiche che aumentano le scelte dei genitori e l’autonomia delle scuole aprono la via ad una migliore utilizzazione dei fondi. La sola questione che rimane è di sapere come adattare i principi della scelta della scuola e dell’autonomia degli istituti scolastici alla situazione particolare del Quebec, nell’interesse dei genitori e degli alunni della provincia. Vincent Geloso, Miglioramento dei risultati in educazione: occorre più scelta e non più spesa |
Questo, dunque, il testo dello studioso canadese Vincent Geloso. Come dicevo in apertura, le osservazioni in esso contenute si prestano ad una serie di riflessioni sulla situazione italiana.

- Il metodo
La prima considerazione è una conferma: l’importanza del metodo nell’affrontare le diverse questioni, le diverse realtà: purtroppo la mia generazione si è dimostrata incapace di cambiare le cose perché manca proprio di metodo. Mi ritrovo spesso a confrontarmi con persone di straordinario spessore umano e professionale, come il prof. Dario Antiseri e il dott. Ambrosetti. A volte, scherzando, con il dovuto rispetto, dico loro che per un nano come me è un dono oltre misura potermi confrontare con dei giganti come loro. E loro, con squisita simpatia, mi rispondono: “Suora, i giganti sono coloro che guardano lontano, perché hanno sulle spalle dei nani, come li chiama lei, che li aiutano a vedere oltre l’orizzonte”. Eh sì, a pensarci bene, hanno ragione: i giganti sono tali perché lavorano, con un metodo costruito nello studio e nell’approfondimento, insieme ai nani. Il metodo è costruito razionalmente, porta a risultati inequivocabili e che non si piegano alle diverse strumentalizzazioni ideologiche. Il metodo razionale conduce a risultati obiettivi.

- Uno sguardo sereno
Una seconda considerazione. Quando si dedicano tanti sforzi, tante energie fisiche e intellettuali per raggiungere un obiettivo, soprattutto se questo obiettivo è perseguito per gli altri e non per un personale interesse, il rischio è che ci si possa stancare all’ultimo miglio, perché i risultati tardano ad arrivare. E’ il caso, purtroppo, della battaglia per il riconoscimento, nei fatti, della libertà di scelta educativa: 22 anni dalla legge sulla parità, a firma di un comunista convinto e sincero, non ideologico, Luigi Berlinguer, sono davvero tanti. Abbiamo scritto centinaia di pagine, corredate da cascate di numeri e ancora, nonostante tutto, il principio tanto agognato non è stato raggiunto. Eppure, bando allo sconforto: dobbiamo guardare il bicchiere pieno per 2/3: il terzo che manca non può e non deve scoraggiarci, vanificando il percorso svolto sino ad ora.

- La rigenerazione della società. I nuovi fondatori.
Terza considerazione. Quel che conta è essere e rimanere in Europa. Lo studio di Vincent Geloso diventa un monito per i nostri politici attualmente alle prese con la campagna elettorale. L’Italia, proprio al capitolo scuola, risulta la più grave eccezione nella garanzia del diritto di apprendere degli studenti oltre ogni deplorevole discriminazione economica. Per carità, ormai c’è veramente poco da salvare: la percentuale delle scuole paritarie che, negli anni, soprattutto durante la pandemia, hanno chiuso le porte è altissima: possiamo dire, tristemente, che porteremo a casa l’ideale della libertà di scelta educativa, soprattutto per le classi più svantaggiate economicamente, quando le scuole paritarie nate proprio per loro non esisteranno più, esisteranno solo le scuole dei ricchi. Ma c’è sempre la speranza che nasca un altro don Milani, un altro don Bosco, una nuova Montessori: la scuola paritaria e la scuola statale unite sono l’unico modo per prevenire il monopolio educativo che produce sempre uno stato di regime. Temo, infatti, fortemente il regime, quello vero, quello che impedirebbe a qualsiasi vip di improvvisarsi moralista e consigliere non richiesto su simboli di partito, innescando polemiche inutili. Democrazia non vuol dire dare aria alla bocca; al contrario democrazia significa avere quel senso civico che rende ognuno responsabile della cosa pubblica, che fa curare il verde pubblico molto di più del minuscolo giardinetto privato, che fa sentire ad ognuno la responsabilità dell’altro. Quanto abbiamo perso il senso di responsabilità, il farsi carico l’uno dell’altro: piuttosto che aiutare l’altro a curarsi, lo aiuto a morire. Questo è il triste epilogo.

- Publicum est pro populo
Lo ribadisco, e arrivo alla quarta considerazione: l’unica cosa di cui i nostri giovani, la nostra società, hanno bisogno è una scuola pubblica statale autonoma e una scuola pubblica paritaria libera. Si migliora il Sistema Nazionale dell’Istruzione, si pagano di più i docenti e si risparmia. Se è cosi semplice perché non avviene? Perché occorre liberare la scuola dai tre poteri che la tengono ingabbiata, dalle sirene che ancora ingannano: la politica che fa della scuola, ad ogni campagna elettorale, un bacino di voti con promesse assurde ma poco scomode (non possiamo pagare il doppio i docenti ,se non diciamo loro che gli studenti, e dunque le scuole, sono a mille km da casa, con tutto ciò che la cosa comporta), i sindacati che considerano la scuola un postificio a garanzia del tesseramento, la burocrazia che si nutre inevitabilmente dello spreco dei denari pubblici. Ecco l’esempio più eclatante: perché un allievo della scuola statale costa 10 mila euro quando il Ministero dell’Istruzione ha definito, con Nota dedicata e protocollata, che il costo medio di uno studente è pari a 7 mila euro e che un allievo della scuola paritaria costa, allo Stato, 500 euro? Ulteriore paradosso: un allievo in un sistema sano e pluralista costerebbe 5.500. Lo andiamo dicendo dal 2015 ma i cavilli della burocrazia impediscono la strada, come una strada di montagna dopo un forte temporale. La differenza sono i soldi intrappolati nella morsa dello spreco a) dalla politica che strumentalizza la crisi della scuola ai fini elettorali, b) dai sindacati che ancora promettono posti di lavoro inesistenti. Questa è la verità.
- Libertà va cercando ch’è sì cara / come sa chi per lei vita rifiuta.
Mi chiedo: quanto vale la libertà di un cittadino se, in tempo di crisi, abbiamo preferito picconare e chiudere scuole paritarie, presidi di libertà e di legalità, pur di non dare quel buono scuola che avrebbe consentito alle famiglie di scegliere liberamente la scuola per i figli? La risposta è la seguente: la libertà, quella vera, è ritenuta pericolosa, meglio dare una parvenza di libertà: i cittadini possono scegliere tutto, tranne la scuola. L’anziano può scegliere l’ospedale dove farsi applicare la protesi che gli consentirà di camminare, il giovane non può scegliere la scuola che gli consentirà di pensare. Sic est. Res amara valde.

Ripeto ciò che è assodato da un decennio e che dovrebbe essere parte integrante dell’immaginario di chi pensa e ragiona: solo dall’applicazione dei costi standard avremo pluralismo educativo, scuola di qualità, spesa razionale dei soldi dei cittadini. Il SET INFORMATIVO predisposto dal Ministero dell’Istruzione ha chiarito che dare un bonus alle Famiglie o una agevolazione fiscale da spendere liberamente nella scuola pubblica statale o pubblica paritaria – entrambe certificate – renderà il nostro sistema scolastico di qualità e quindi libero per tutti. Senza questo obiettivo non c’è futuro, per nessuno.

- Ma, sulla tua parola, getterò le reti!
Quinta considerazione. Mi sento come Simon Pietro: nonostante le fatiche di una pesca infruttuosa, getta le reti perché glielo ha detto il Maestro. Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti. Della risposta di Pietro mi piace soprattutto quel MA che esprime tutta la stanchezza e tutta la fiducia in chi gli dice di ritornare al largo. Dopo 20 anni di studio, di numeri, di ricerche, ormai possiamo solo dire che questa riforma arriverà, proprio perché il pluralismo educativo è finito. Abbiamo speso milioni di euro pur di impedire la libertà di scelta educativa: complice la crisi vocazionale unita alla crisi economica, le scuole paritarie hanno chiuso, resiste quel 4% nel sud. Quindi ora possiamo chiedere ai nostri politici di portare a termine la nostra battaglia, con buon esito, nella tranquillità che le scuole paritarie non ci sono più. Riconosceranno il diritto a beneficio degli italiani del 2050. Del resto è esattamente la stessa cosa che hanno fatto i Costituenti: hanno posto le basi della democrazia non solo per gli italiani del 1950 ma per gli italiani di tutte le generazioni. E i loro nomi sono scritti sui libri, nelle pagine più belle della nostra storia. Chissà cosa diranno i libri di storia del 2050 degli anni che stiamo vivendo? Ritorniamo tutti al largo perché chi verrà dopo di noi possa esserne fiero.



Rielaborazione dati Miur a cura di sr Anna Monia Alfieri