Ci eravamo illusi che Draghi potesse nascondere le nostre beghe interne, che ci consentisse di far parte del terzetto di punta dell’Unione europea, che la sua intransigenza nei confronti della Russia in Ucraina ci portasse al proscenio anche a Washington. L’appuntamento elettorale riporta invece purtroppo alla superficie le ambiguità che da decenni appesantiscono la nostra politica estera.
Evaporata è la convinzione di Gioberti del “primato morale e civile degli italiani”. Non che esso sia svanito come già Croce e Sforza, in un precedente momento-cerniera della nostra storia, alla fine del disastroso Ventennio, si sforzarono di smentire. Ma non riusciamo ancora a dimostrarlo.
Un diplomatico francese sosteneva che “gli italiani viaggiano in terza classe con un biglietto di seconda; noi, con il medesimo biglietto, viaggiamo in prima”. Più preciso nel suo intramontabile “Diplomazia”, Nigel Nicolson diceva che “lo scopo della politica estera italiana è di conseguire un’importanza maggiore di quanto possa procurargliene la propria forza intrinseca… la sua politica estera è non tanto mutevole, quanto sostanzialmente transitoria. Bisogna augurarsi che la sua diplomazia diventi più stabile e più degna”.
Il dibattito pre-elettorale in corso dimostra invece quanto poco pesino le implicazioni internazionali. Né il PNRR né la situazione in Ucraina sono accuratamente presenti nelle agende delle due principali coalizioni. ”I problemi dell’Italia sono altri” dicono alcuni. “All’estero si facciano gli affari loro”, rincarano i sovranisti. Il fatto però è che, come si affanna a precisare il Commissario europeo Gentiloni, fra gli ‘affari loro’ c’è anche l’Italia.
Evidenti sono quindi le crepe che lesionano la nostra ‘democrazia zoppa’, ancora e sempre indifferente ai condizionamenti esterni, irrigidita fra le trazioni estreme. È di guerra, oggi, di coesione europea, economica e politica, che si tratta, non degli strascichi di un passato che non passa. Da Mosca veniamo esortati a ‘punire i [nostri] governanti per la loro evidente stupidità”.
Il nostro Primo Ministro, in carica ‘per gli affari correnti’ (fra i quali, indiscutibilmente, il conflitto in Ucraina) ha ribadito nei termini più fermi il sostegno italiano a Kiev. Nel suo messaggio per la ricorrenza dell’indipendenza ucraina, il Presidente della Repubblica non è stato da meno, nell’esplicitarne dettagliatamente le ragioni.
Tentennanti, contorti, ambigui, invece gli esponenti politici, immersi in una campagna elettorale affrettata, quanto mai intempestiva e improvvisata.