La scuola è l’unica alternativa alla violenza

di 6 Luglio 2022

Rappresentanti di Colui che nell’Evangelo disse ad un giovane: «Se vuoi entrare nella vita eterna, osserva i comandamenti» (31), Noi indirizziamo una parola particolarmente paterna alla gioventù. Da mille bocche viene oggi ripetuto al vostro orecchio un Evangelo che non è stato rivelato dal Padre celeste; migliaia di penne scrivono a servizio di una larva di cristianesimo, che non è il Cristianesimo di Cristo. Tipografia e radio vi inondano giornalmente con produzioni di contenuto avverso alla fede e alla Chiesa, e, senza alcun riguardo e rispetto, assaltano ciò che per voi deve essere sacro e santo. Sappiamo che moltissimi tra voi, a causa dell’attaccamento alla fede e alla Chiesa e dell’appartenenza ad associazioni religiose, tutelate dal Concordato, hanno dovuto e devono attraversare periodi tenebrosi di misconoscimento, di sospetto, di vituperio, di accusa di antipatriottismo, di molteplici danni nella loro vita professionale e sociale. E ben sappiamo come molti ignoti soldati di Cristo si trovano nelle vostre file, che con cuore affranto, ma a testa alta, sopportano la loro sorte e trovano conforto solo nel pensiero che soffrono contumelie nel nome di Gesù.

Pio XI, Mit brennender Sorge*, 14 marzo 1937 Con viva ansia, Enciclica scritta in lingua tedesca contro l’ideologia nazista.

La vicenda di Liliana Segre interpella, ogni volta che la si ascolta o la si legge, tutti noi nel profondo. Un pugno nello stomaco che ci colpisce ogni volta. Una vita normale, come la nostra, improvvisamente stravolta dall’attuazione di una ideologia volta a disumanizzare l’uomo. Il racconto di quei fatti pone ciascuno di noi davanti alla domanda: io cosa avrei fatto? Io cosa avrei fatto se fossi stato un ragazzino ebreo improvvisamente allontanato da scuola? Io cosa avrei fatto se fossi stato un ragazzino cattolico che improvvisamente vede il banco vuoto del compagno? Io cosa avrei fatto se fossi stato l’insegnante, il negoziante, il portinaio davanti al bambino ebreo allontanato da scuola, al padre rimosso dall’ufficio? Cosa avrei fatto? Del racconto di Liliana Segre ci stupisce e ci fa inorridire il silenzio dei più, l’improvvisa cattiveria dei molti che si sono trasformati in convinti complici di un’autorità iniqua. Ma la domanda rimane sempre la stessa: io cosa avrei fatto?

L’altra domanda che occorre che ognuno di noi si ponga è questa: come è stato possibile tutto ciò? La risposta è, come sempre, straordinariamente semplice: è stato possibile perché si è affidato allo stato il ruolo di padrone assoluto, l’unica autorità in grado di decidere, con giudizio inappellabile, cosa fosse giusto, cosa fosse sbagliato, chi meritasse di vivere, chi non lo meritasse. E quando allo Stato si affida, per convinzione o codardia, il ruolo di monolite del diritto, è inevitabile che succeda quel che è successo, che il cittadino non può essere considerato neanche suddito ma, semplicemente, parte di un sistema, parte, non indispensabile, per giunta.

La terza domanda che dobbiamo farci e, forse, la più importante è la seguente: cosa dobbiamo fare per impedire che le vicende più tristi del passato, come quelle che hanno visto la signora Segre vittima, abbiano a ripetersi? Anche su questo fronte la risposta è scontata ed è sempre la stessa: la scuola è l’unica alternativa alla violenza. Lo abbiamo visto e lo vediamo: qual è il fenomeno che si è acutizzato a seguito delle varie chiusure e della didattica a distanza? Il fenomeno delle baby gang, della violenza fra i giovani nelle nostre città, non solo in periferia. Quando, invece, la scuola è divenuta strumento di violenza? Quando la scuola è stata asservita all’ideologia dello stato totalitario, quando lo studente era considerato come potenziale soldato. Libro e moschetto, fascista perfetto

Tempi lontani, mi si dirà. Attualità, io rispondo. Certo abbiamo la Costituzione. Ma la Costituzione non è interamente rispettata. Essa afferma che i genitori godono del diritto della libertà di scelta educativa. Ma è così? Niente affatto. Prova ne sia che, se un genitore decide (non sceglie) per la scuola pubblica (che è pubblica perché lo dice la legge) paritaria deve aprire il portafoglio e pagare la retta. Ma che diritto è se occorre pagare? Sotto sotto, ci rendiamo conto che lo Stato ha voluto avocare a sé il ruolo di gestore unico del sistema di istruzione della maggioranza dei cittadini. Solo pochi possono scegliere. Certo lo Stato non ha chiuso con decreto la scuola paritaria, ha solo fatto in modo che non avesse studenti e che pertanto si autoeliminasse per mancanza di utenza o per bancarotta (non fraudolenta!), non già per mancanza di proposta culturale ed educativa. È storia recentissima: quante scuole hanno chiuso i battenti dopo il primo lockdown?

Negli anni, certamente, molto è stato fatto, soprattutto a livello culturale, per abbattere quel muro di ignoranza che vedeva le scuole paritarie come diplomifici e scuole per i ricchi. In realtà erano le scuole dei poveri e i poveri chiederanno il conto a chi ha fatto chiudere le scuole che li accoglievano. Si è altresì compreso, grazie anche a politici ispirati al vero bene dei cittadini, che occorre realizzare il cammino che conduce all’autonomia, alla effettiva parità, alla libertà di scelta educativa, perché la scuola statale è libera ma non autonoma, la paritaria è autonoma ma non libera. Il solito pasticciaccio brutto, tutto italiano. Carlo Emilio Gadda lo insegna. Ribadisco: molto è stato fatto e molto si sta facendo grazie al Governo di unità nazionale, al Presidente Draghi e al Ministro Bianchi. Occorre solo andare avanti e portare a termine la riforma tanto attesa e tanto sospirata.

Solo così, solo con un sistema scolastico in cui lo Stato non è gestore unico ma garante dell’istruzione dei giovani, tragedie come quella delle leggi razziali non potranno essere rivissute. Quella come tante altre. Occorre che lo Stato, ossia i suoi cittadini adulti, riscoprano il loro compito educativo.  Il risultato delle fragilità storiche del nostro sistema scolastico è sotto gli occhi di tutti. Ma siamo ancora in tempo.

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