La pressione della grave crisi esplosa ai nostri confini impone non più di reinventare l’avvenire, bensì di gestire l’esistente. Imponendo coalizioni governative, piuttosto che fidare nella forza trainante di improbabili ‘leader’.
Le elezioni legislative in Francia hanno confermato quanto, in Europa, i problemi interni di ogni nazione non possano più essere affrontati nei ristretti confini nazionali. Quanto, in altre parole, la vita politica non possa più essere gestita nella tradizionale contrapposizione fra destra e sinistra, che l’emersione dei movimenti populisti non può stimolare né ovviamente compensare. Anche in Italia, la sfida elettorale produce dei sommovimenti, a conferma di un pari riassestamento degli schieramenti politici.
Significativo però è che, mentre in Francia le pressioni interne si traducono nel ridimensionamento della rilevanza della politica estera, prerogativa presidenziale, in Italia sono proprio i condizionamenti internazionali a determinare radicali ripensamenti, convincendo l’irrequieto neofita Di Maio ad allinearsi alle radicate convinzioni del Primo Ministro, emarginando le ambizioni di un sempre più confuso Salvini. In una convergenza verso il centro che da un paio di decenni si invoca senza riuscire a costruirla.
La riemersione in Francia degli estremi di quello schieramento politico, fondamentalmente anti-europeisti e anti-atlantisti, il disfarsi invece in Italia delle opposte formazioni populiste, e le incertezze in cui continua a dibattersi il nuovo governo di coalizione tedesco dimostrano, sia pure diversamente, dovrebbero indicare quanto soltanto l’Europa possa costituire il comune involucro necessario a promuovere tanto gli equilibri politici all’interno dei vari Stati, quanto il loro comune percorso internazionale.
Se le urgenze di politica estera riusciranno a diluire le sclerosi interne rimane da vedere, ma la tendenza sembrerebbe confermare quanto i singoli Stati necessitino del baricentro di una più marcata solidarietà politica europea che valorizzi la visibilità, credibilità e conseguente efficacia politica dell’Unione.
La sconsiderata iniziativa di Putin ha sconvolto i rapporti continentali, squalificando ulteriormente gli equilibri di forza fra superpotenze. Aprendo spazi all’Unione europea. La visita a Kiev della sua presunta troika trainante può aver fornito qualche rassicurazione all’assediata Ucraina, ma non impressionato una Russia che continua a rifiutare ogni mediazione europea.
Puntando sulla disgregazione di un Occidente che fatica a trovare il proprio ‘ubi consistam’.