L’aggressione all’Ucraina ha riproposto l’Unione europea al centro della generale attenzione. Accusarla di inerzia, passività, irrilevanza, significa non comprenderne le caratteristiche interne né i condizionamenti esterni.
Il fatto è che, trascurata per anni dagli Stati Uniti come attore internazionale autonomo, sdegnosamente rifiutata ora dalla Russia come interlocutore necessario, l’Unione continua a dipendere dalla rispondenza altrui. Lo dimostra se non altro il fatto che Macron, presidente di turno dell’UE, e lo stesso Scholz, a capo del G7, sono stati platealmente ‘snobbati’ da un Cremlino che, sopra la loro testa, continua a rivolgersi soltanto a Washington. Fingendo di ascoltare le mediazioni di Turchia, Israele e altri attori meno impegnativi, né tanto meno risolutivi.
Dopo anni in cui, nel solco della ‘Ostpolitik’ di Brandt (e del Vaticano) che condusse all’Atto paneuropeo di Helsinki, all’avvento di Gorbaciov e alla caduta del Muro, ha moltiplicato le prove di disponibilità ad una normalizzazione continentale, l’Europa è oggi confrontata all’ostentato disprezzo di Putin.
Non di anello debole della catena occidentale si deve però considerare, ma semmai come il modello di un ‘piano B’ nell’attesa di un rinsavimento internazionale.
Imperterrita, nella generale indifferenza mediatica, l’Unione ha infatti appena pubblicato la tanto attesa sua ‘Bussola strategica di Sicurezza e la Difesa, per un’Europa che protegge i suoi cittadini, i suoi valori e i suoi interessi e contribuisce alla pace e alla sicurezza internazionali’. Un documento dal titolo altisonante che sviluppa quelli, più generici, del 2003, 2009 e 2016, vergati anch’essi dall’Alto rappresentante alla Politica estera per conto degli Stati membri, specificando le implicazioni operative che, al cospetto della tragedia in Ucraina, tardano ad emergere.
Vi si afferma che, ‘in un’epoca di competizione strategica e complesse minacce alla sicurezza, di aumento di conflitti e, aggressioni e fonti di instabilità … l’Europa è più unita che mai’. Si precisa che, nel “sostenere l’Ucraina di fronte all’aggressione russa, siamo determinati a difendere l’ordinamento di sicurezza europeo” [di cui l’Unione si considera appunto l’estrema depositaria].
Complementare a quel che viene definito il ‘partenariato strategico’ con la NATO, “che rimane il fondamento della difesa collettiva” [che non può esaurire le esigenze di sicurezza], il documento afferma “l’inclusività, reciprocità e autonomia decisionale dell’Unione” anche rispetto all’ONU, e “in cooperazione con i partner regionali” identificati nell’OSCE, nell’Unione Africana e nell’asiatica ASEAN”. Accrescendo “la propria presenza, efficacia e visibilità nel suo vicinato e sulla scena mondiale”. La Cina non viene menzionata che per inciso.
È a tal fine necessario, si precisa, assicurare una valutazione condivisa del nostro contesto strategico, acquistare una maggior coerenza, disporre di nuovi mezzi e di obiettivi chiari, allo scopo essenziale di anticipare le minacce.
Inedito è la formulazione del paragrafo che esprime l’intenzione di “rafforzare la cooperazione con i partner bilaterali che condividono gli stessi valori e interessi, quali gli Stati Uniti [sic!], la Norvegia, il Canada, il Regno Unito e il Giappone” e, più genericamente, di “sviluppare partenariati su misura nei Balcani occidentali, nel vicinato orientale e meridionale”. Il tutto nella prospettiva temporale del 2030.
In sospeso rimangono comunque ancora una volta le modalità decisionali e operative in un campo, quello militare, nel quale saranno le circostanze concrete piuttosto che rigide predisposizioni a determinare le necessità. Un accenno viene però fatto alle ‘cooperazioni rafforzate strutturate’ che soltanto gli avvenimenti concreti potranno sollecitare.
Nell’imperante imprevedibilità degli sviluppi a più lungo termine delle situazioni interne in Russia, Cina, persino negli USA, l’Europa rimane quindi in attesa delle condizioni che le consentano di recuperare lo spazio che le spetta e che i rapporti internazionali post-bellici le hanno finora precluso.
Inesatto comunque è quanto si va affermando, ovverosia che le potenze autoritarie disprezzano i modelli occidentali. I cui effetti contagiosi, invece, mostrano di temere. Quei modelli e valori che l’Europa, unica ‘potenza’ intrinsecamente multilaterale, eminentemente incarna.