Fin dove l’Europa?

di 25 Marzo 2022

Se l’aggressione russa può averci insegnato qualcosa è che l’Ucraina è una nazione che fa parte integrante dell’Europa, mentre la Russia se ne è deliberatamente distanziata. Fissando il discrimine al quale d’ora in poi dobbiamo commisurarsi.

Trincerandosi dietro una sua identità euro-asiatica, Putin stesso evoca un ‘conflitto di civiltà’. Il che costringe l’Occidente ad abbandonare la diversificazione delle sue varie componenti, per la loro scarsa incisività nei confronti di una Russia che non intende trovare una nuova collocazione nel mondo globalizzato post-Guerra fredda.

Rivolgendosi al Parlamento italiano Zelenski, messo presumibilmente al corrente della fragilità del nostro tessuto politico, ha evitato accuratamente di forzare i toni, facendo genericamente appello alla tradizionale generosità  italiana. È pertanto al nostro Primo Ministro che è spettato, per l’ennesima volta, il compito di esprimersi con chiarezza, assicurando all’ospite il suo ennesimo ‘whatever it takes’. 

La sua partecipazione alle riunioni della NATO, del G7, del Consiglio europeo di questa settimana non può però aver occultato il fatto che la nostra opinione pubblica e la nostra stessa classe politica faticano a tenere il passo della comunità occidentale, rimanendone ai margini, ininfluenti, irrilevanti.

Una nazione, la nostra, che rimane adolescente, in perenne precario equilibrio fra le proclamate buone intenzioni e le responsabilità internazionali, fra solidarietà e neutralità, da troppo tempo palesemente indifferente, avulsa dalle complessità dell’agone internazionale, ignara delle cose di questo mondo.

Improvviso è stato il risveglio da un torpore sui temi di sicurezza nel quale, dall’immediato dopoguerra, ci siamo cullati delegando alla NATO e all’Europa, ma che gli avvenimenti in Ucraina ci ripropongono in tutta la loro drammaticità.

Una prolungata distrazione che ci impedisce persino di indignarci per il fatto che Mosca declassa il suo intervento ad ‘operazione militare speciale’ (di ‘peace-keeping’?). Allo scopo, si deve presumere, di evitare l’imputazione di crimini di guerra, nel suo prendere deliberatamente di mira la popolazione civile piuttosto che le forze armate dell’avversario.

Proprio nel momento in cui si illudeva di emanciparsene, l’Europa è nuovamente schiacciata dalla contrapposizione fra America e Russia. L’America scopre infatti che non può disinteressarsi delle sorti del Vecchio continente, mentre la Russia, pur rifiutando di lasciarsene coinvolgere, pretende di dominarne il destino. Tocqueville, due secoli fa, ci aveva avvertito.

Fantasticare una ‘difesa comune europea’ rimane quindi illusorio, se non altro per l’assenza di un governo unico. Sviluppare una politica estera e di sicurezza condivisa negli scopi ma differenziata nella partecipazione, a seconda delle specifiche situazioni da affrontare, è invece più che mai essenziale. 

Pensare globalmente, agire localmente’ raccomandava la ‘Strategia europea’ elaborata nel 2017. Una più  precisa ‘bussola strategica’ dell’Unione, da tempo annunciata e presumibilmente ridisegnata alla luce degli eventi in Ucraina, sta per vedere la luce. Buone intenzioni che richiederanno però la rispondenza degli altri attori globali, Cina, India, Giappone, ai quali si rivolgerà.

Politicamente rilevante e strategicamente incisiva è a tal proposito la prospettiva dell’adesione ucraina all’Unione europea. Proprio quella prospettiva, però, alla quale Putin si oppose nel 2014, scatenando la ‘rivoluzione arancione’.

E che Mosca può continuare ad ostacolare per il fatto che l’Unione, ammaestrata dall’accettazione di Cipro, è restia (così come la NATO) a contemplare l’adesione di Stati afflitti da conflitti interni. Una logica precondizione politica, di cui Putin si avvarrà anche nei confronti di Georgia e Moldova (e della Bosnia…).

Nel suo parossistico, atavico, riflesso difensivo la Russia ne approfitterà, invece di concorrere a contenerle e risolverle. A proposito della Bosnia, Nino Andreatta diceva che “la diplomazia non può sostituirsi alla politica”. Se non mediante la necessaria concatenazione delle istituzioni internazionali che la presenza di Biden in Europa ha ricucito. Fino ad allora, purtroppo, il bandolo della matassa rimarrà nelle mani di Mosca.

Non rimane quindi che sistemare le più appropriate difese contro l’aggressività della Russia, in attesa che sia il decorso degli eventi a sciogliere la matassa. 

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