Il sonno della ragione…

di 18 Marzo 2022

L’incubo continua. Distrutta dall’invasione russa dell’Ucraina è soprattutto proprio la ‘nuova architettura di sicurezza europea’ che Mosca aveva invocato a dicembre dell’anno scorso, prima che Putin si imbarcasse nella sua dissennata impresa. Che continua a motivare con l’esigenza di doversi difendere dalla presunta aggressività della NATO.

L’improvviso ritorno della Storia, quella di prima, ha rivelato la reale consistenza non soltanto della Russia ma degli stessi singoli paesi europei. Con gran parte dell’opinione pubblica nostrana obnubilata ancora e sempre dall’illusione di poter rimanere in mezzo al guado, invece di concorrere all’emersione del necessario comune, seppur articolato, denominatore. Nel necessario risveglio dal prolungato sonno nel quale, come dimostrano le attuali circostanze, ci siamo troppo a lungo cullati.

La solidarietà di circostanza ritrovata a Bruxelles, reattiva piuttosto che propositiva, si rivela comunque poco incisiva in costanza della manifesta contrarietà di Mosca a riconoscere l’Unione come utile interlocutore negoziale.

Vana per il momento è pertanto l’ipotesi che, diversamente da quella della NATO, l’adesione dell’Ucraina all’Unione europea, proprio per la sua inconsistenza in materia di difesa, possa rivelarsi un’opzione percorribile. Altrettanto dicasi della pretesa neutralizzazione dell’Ucraina, assortita da garanzie internazionali, uno status che le era già stato accordato nel 1994 a Budapest.

Che Mosca ha ora violato, riducendo a brandelli i proclamati legami storici e di fratellanza etnica fra le due popolazioni. Un rapporto che le circostanze dimostrano andrebbe semmai invertito, nel senso di considerare la Russia delle steppe asiatiche come l’appendice di una Ucraina europea, la ‘Kievan Rus’, collegata da secoli all’Europa nella Confederazione polacco-lituana e nell’Impero austro-ungarico.

L’unica via d’uscita all’attuale intrico non può pertanto essere che quella di allentarne il nodo, allargandone gli spazi nel contesto continentale dal quale è stato violentemente estratto: quello paneuropeo dell’OSCE, al quale si deve l’originaria opera di riconciliazione continentale che ha condotto alla caduta del Muro.

Coloro che, da noi molto più palesemente che altrove, continuano a prendersela con il comportamento americano riconoscono implicitamente che non riusciamo a farne a meno. Almeno fino a quando l’America non indurrà la Russia a considerare l’Unione europea come indispensabile interlocutore. Nell’ambito allargato dell’OSCE, appunto.

Verso l’istituzione di quel sempre più evidentemente necessario triangolo strategico continentale equilatero fra Mosca, Washington e Bruxelles. Invece del ritorno allo statico e sterile bipolarismo, dalla cui nostalgia Putin non riesce a liberarsi. 

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