I dubitanti della seconda prova (a proposito della maturità)

di 3 Febbraio 2022

E rieccoci alla telenovela mediatica che ricomincia puntuale (come una rubrica fissa, come d’inverno i reumatismi, come il sole che sorge ogni giorno) non appena si accenna agli esami di maturità. Basta un comunicato stampa e il riflesso condizionato, inflessibile, incoercibile, scatta. E sembra ogni volta il “litigio tra ragazzi testardi” di cui dice Hegel nella Fenomenologia, dove se uno pronuncia “A” l’altro risponde “B”, per ritornare immediatamente sulla “A” non appena le condizioni minime lo consentano. 

Punto dolente, questa volta, è la seconda prova scritta, reintrodotta, assieme alla prima, dopo due anni di “oraloni” e “tesine”, anche come segno di ritrovata normalità, di una scuola che è ripartita, di una didattica in presenza che, navigando nel mare periglioso delle mille regole sui contagi, faticosamente sta provando a sanare le ferite della Dad (la famigerata didattica a distanza).

E non è solo la meraviglia per una prova che non era stata annunciata (le anticipazioni si fermavano alla prima e, naturalmente, al colloquio), ma anche la sorpresa per la sua natura a innescare puntigliosi commenti, perché se la prova non viene dal centro e non è, come si dice, “ministeriale”, se a prepararla è la commissione (con sei membri interni su sette, poi), qualcosa che non torna rischia di esserci. 

Portavoce di questa posizione dubitante è, tra altri, il blog di Manlio Lilli sul Fatto quotidiano, che evidenzia l’intento “lodevole” del Ministro Bianchi nel suo desiderio di “fornire un aiuto” agli studenti alle prese con la maturità, ma segnala il rischio di creare delle differenze nei risultati finali, poiché tale seconda prova fabbricata in casa avrà la tara d’origine della sua variabilità, cosicché “l’80 di Pietro ottenuto al liceo classico x di Avezzano avrà necessariamente un peso differente rispetto allo stesso voto di Lucia al classico y di Caserta”.

Che le cose non stiano esattamente in questo modo basterebbe una semplice considerazione per dirlo, perché il ruolo del “fattore umano” (che, indubbiamente, è di un certo rilievo nella predisposizione “autarchica” delle prove) gioca però, se così si può dire, a livelli diversi e certamente non in modo marginale quando la prova è ministeriale e comune per tutti. Perché poi, in questo caso, ciascuna commissione valuterà quella prova e quella valutazione, per quanto non discrezionale, per quanto non campata in aria, non sarà sicuramente oggettiva (a meno che non si immagini la docimologia come scienza esatta) e sconterà la variabilità legata alla diversità dei commissari valutatori. Con il risultato che anche per la prova venuta dal centro tra il liceo di Avezzano e quello di Caserta ci saranno delle differenze.

 O forse che non sono cronaca dell’altro ieri pre-pandemico gli alti lai puntualmente elevati ogni anno quando (con la prima e seconda prova ministeriali) si analizzava la “geografia” del voto finale degli esami di Stato e allora, signora mia, quanti 100 e quante “lodi” nelle scuole del Sud, mentre quelle del Nord?

E ci sarebbe, infine, da considerare soltanto un secondo argomento, per dire dell’attenzione mediatica su questi poveri esami, il cui voto finale, bisogna osservarlo, ha un così scarso valore che, per fare pochi esempi, a Medicina si fanno i test d’ingresso prescindendo da esso e nelle università cosiddette d’eccellenza (la Normale e il Sant’Anna di Pisa o lo IUSS di Pavia) lo si considera alla stregua di una curiosità statistica, visto che ci sono prove scritte e orali (e tra l’altro non “quizzoni”) per selezionare l’ammissione dei selezionatissimi studenti che ne frequenteranno i corsi. E il secondo argomento è altrettanto semplice del precedente, poiché non pare di aver letto pari ponderate opinioni sul fatto che in Italia, da un po’ di tempo, si è infranto uno dei dogmi decennali dell’accesso nelle pubbliche amministrazioni, che una sua ragione di essere pur aveva e che prevedeva prove scritte uguali per tutti i candidati dei concorsi e svolte nel medesimo giorno e negli stessi orari. Oggi, invece, nel nome di santa velocità, anche candidati distribuiti su più giorni e ovviamente (conseguentemente, inevitabilmente) prove diverse per ciascun gruppo in relazione alla diversità delle giornate. Tutto equo e giusto, nessuna discriminatoria differenza e nulla da eccepire, considerato che qui sono in ballo posti di lavoro e non valutazioni scolastiche dall’incerto peso specifico? Allora meglio la polemica stagionale sugli esami di maturità, puntuale come gli articoli sulle collezioni autunno-inverno e che almeno per una sera tiene incollate per cinque minuti le platee agli schermi. 

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