Russia, dove sei?

di 17 Gennaio 2022

La serie di tre incontri europei del Vice Ministro degli esteri russo si è conclusa con un nulla di fatto, in un apparente dialogo fra sordi. Non però necessariamente in un vicolo cieco.

Dopo i tanti tentativi di ‘resettare’ i rapporti fra Russia e Stati Uniti, iniziati ai tempi di Obama, sospesi nell’era Trump, riavviati dai due recenti colloqui a distanza fra Biden e Putin, l’importante comunque è che il contatto sia stato ristabilito. Nelle sedi appropriate, avviando le cose prudentemente all’inferiore livello dei rispettivi vice-Ministri degli Esteri, per poi riattivare al contempo il Consiglio NATO-Russia da tempo sospeso, e quello paneuropeo dell’OSCE.  Il che dovrebbe mettere la sordina, si spera, alla diplomazia dei megafoni. 

Quella che, proprio alla vigilia, aveva indotto il Segretario di Stato americano Blinken dichiarare che “una lezione della Storia recente è che i russi, una volta entrati a casa tua, è molto difficile farli andare via”; suscitando l’inverosimile risposta dell’omologo russo Lavrov: “Se Blinken ama tanto le lezioni di Storia, eccone una che mi viene in mente: quando gli americani hai la sfortuna di averli in casa tua, ospiti non invitati, è difficile restare vivi e non essere derubati o stuprati; chiedete ai coreani, ai vietnamiti, ai siriani… o agli indiani d’America”. Con tanti saluti alla coerenza storica, oltre che alle correttezze diplomatiche.

La strada da percorrere sarà lunga, irta di ostacoli da superare ma percorsa anche, per farlo, di ponti da ricostruire. Come in ogni esercizio diplomatico, per essere accettabile, l’esito complessivo dovrà rivelarsi parzialmente insoddisfacente per entrambi. Essenziale sarà vedere se emergeranno degli scopi condivisi verso i quali far convergere l’impegno, per quanto differenziato, dei due principali interlocutori, premessa indispensabile per innescare e stimolare il concorso del resto della comunità internazionale, dell’Europa, della Cina e dei tanti altri attori meno determinanti ma il cui destino è parimenti coinvolto. 

Si dovrebbe dire che Putin ha per ora ottenuto ciò che più gli premeva: uscire dall’angolo nel quale era finito, recuperando quello status di potenza indispensabile (superpotenza?) che soltanto Washington può riconoscergli. Un risultato a sostegno della sua stessa autorevolezza sul piano nazionale, che dovrà però ora onorare a livello internazionale mediante un comportamento partecipativo invece che meramente ostruzionistico. Dimostrando la disponibilità a concorrere all’indispensabile gestione multilaterale delle questioni internazionali di maggior rilevanza, piuttosto che continuare a rivendicare le concessioni altrui, ponendole in premessa piuttosto che come risultato dell’esercizio negoziale.

Ad un’America rinunciataria e ad un’Europa esitante la Russia ha per ora inverosimilmente proposto un Patto di non aggressione dai poco rassicuranti precedenti storici; corredato da ‘garanzie di sicurezza’ legalmente vincolanti, che decreterebbe una rinnovata spartizione del continente; rinnegando quegli impegni alla ricomposizione di una ‘nuova Europa’, finalmente reintegrata, che la Carta di Parigi dell’OSCE, per iniziativa di Gorbaciov, aveva impostato nel 1990.

La riunione del Consiglio NATO-Russia, riattivato dopo due anni, pur confermando la sede in cui le questioni sul tappeto andrebbero affrontate, non poteva che registrare le rispettive opposte posizioni. Altrettanto dicasi del dibattito svoltosi a Vienna in sede OSCE, organizzazione paneuropea in cui la Russia, uno dei cinquantatré ‘Stati partecipanti’, non può certo considerarsi isolata, dovendovisi invece dimostrare attiva e propositiva, specie in materia delle crisi trascurate lungo l’intera persistente linea divisoria continentale.

Bisogna peraltro prendere nota del fatto che il Cremlino non ha ritenuto di doversi consultare con l’Unione europea, dimostrando chiaramente di considerarla l’oggetto, non il soggetto, delle sue proposte per una ‘nuova architettura di sicurezza europea’, che intende impostare in una riedizione della gestione bipolare dei rapporti intereuropei e internazionali. Per disconnettere le due rive dell’Atlantico, a danno dei tentativi dell’Unione europea di dotarsi di una propria ‘autonomia strategica’  

In sostanza, la Russia deve decidere se vuole diventare azionista della politica europea e internazionale, oppure continuare ad essere guastatrice delle iniziative altrui. Nei suoi confronti, l’Occidente non intende puntare sulla sola deterrenza militare. Il primo passo dovrebbe consistere nell’allentare la pressione sulla linea di diretto contatto, sollecitandone il coinvolgimento nella trattazione delle tante altre situazioni di crisi, le cui soluzioni non possono prescindere da una convergenza internazionale. Un più ampio confronto, che Macron definisce ‘dialogo esigente’. 

A Ginevra, Bruxelles e Vienna, il Vice Ministro russo ha dato l’impressione di non disporre di alcuna libertà di manovra; di essere persino privo di specifiche istruzioni da un Putin irrigiditosi sulle sue posizioni, lasciando nell’incertezza le sue intenzioni, a scapito di una migliore articolazione delle posizioni da presentare ai suoi interlocutori. Oltre due secoli fa, ottenuta la Crimea dalla Sublime Porta, Caterina la Grande fece appello a filosofi francesi e a maestranze tedesche per ammodernare il pensiero politico e l’economia dell’Impero. Una strategia all’opposto di quella di chi vorrebbe restaurarne la dimensione imperiale violando l’integrità territoriale dell’Ucraina, annettendo la Crimea e bloccando lo Stretto di Kerch, per impedire la libera navigazione nel Mare di Azov. Pretendendo ora l’impunità.

Vi è pertanto chi argomenta che Putin non voglia che trovare il pretesto per continuare nella sua politica intimidatoria, se non anche per aggredire ulteriormente l’Ucraina. Le carte sono state comunque, da ambo le parti, finalmente messe sul tavolo: è adesso che la partita diplomatica dovrebbe poter iniziare.

Nel frattempo gli organi d’informazione occidentali ostentano un certo distacco da tali questioni di astruso interesse strategico, occupandosi piuttosto degli scandali che coinvolgono il Principe Andrew, il Premier Johnson, il tennista Djokovic. E l’Italia, dedita a contemplarsi l’ombelico, nutre la presuntuosa illusione di poter mediare fra i grandi di questa terra.

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