Non è una questione di Genere ma di Contenuti.
Non è una questione di slogan ma di Strumenti operativi.
Servono soluzioni efficaci e definitive che valorizzino le differenze strutturali.
Resta valida la domanda di sempre: ci muove il sincero desiderio di risolvere i problemi o di sclerotizzarli con gli “ismi ”?
Ciò premesso:
- Innanzitutto occorre liberare il campo da polemiche inutili: Occorre sempre rapportare il testo biblico alla società dei tempi in cui esso è stato scritto e ricavarne un messaggio per l’attualità. Io, più che la dipendenza della donna dall’uomo, leggo la stretta interdipendenza che li unisce, una dipendenza pensata e voluta dal Creatore.
- Sono personalmente allergica a qualsiasi forma di categorizzazione generalizzante: l’uomo sfrutta, la donna è sfruttata; l’uomo è violento, la donna subisce.
- Così come non sopporto il politicamente corretto che impone l’uso del maschile e del femminile.
- Certamente, è assurdo il negarlo, ci sono purtroppo ancora realtà in cui il ruolo lavorativo, sociale, oserei dire umano, della donna non è riconosciuto, valorizzato, tantomeno rispettato. Ancora numerosi i casi di violenza. Inaccettabile. Occorre, pertanto, necessariamente agire, subito, ma non creando divisioni o categorie, anzi unendo gli sforzi.
- Ogni persona non dà il proprio contributo alla società perché è di genere maschile o femminile: dà il proprio contributo in virtù di quel senso di fratellanza che deve legare tutti i cittadini. E’ ovvio che sono concetti che devono essere instillati nelle menti di tutti fin dai banchi di scuola, ma, ripeto, la prospettiva deve essere quella dell’unità.
- Il rispetto della donna e dei suoi diritti non deve essere visto quasi fosse una sorta di rivalsa nei confronti dell’uomo, al contrario deve essere visto come il naturale sviluppo di una educazione.
- Io non voglio che i miei diritti debbano essere difesi perché sono una donna: voglio che i miei diritti siano tutelati in quanto cittadina, in quanto membro di una comunità umana. Ma a questo si arriva superando le inutili polemiche, le separazioni. L’educazione al bene, al senso di responsabilità individuale e sociale sono i mezzi per abbattere qualsiasi forma di discriminazione.
- Non banalizziamo, non creiamo categorie, non agiamo per dividere. La scuola può fare molto, così come ha sempre fatto, ma partendo da una prospettiva unitaria e non divisiva. La prospettiva degli educatori, quelli veri.
- Favoriamo un mondo a misura di donna, (di famiglia) senza costringerla a scegliere fra lavoro e la vita privata? Puntando su asili nido gratis, scuole dell’infanzia per tutti, una scuola libera per tutti. Una soluzione ovvia e scontata per chi davvero vuole superare ogni discriminazione e non servirsene.
Ne ho parlato ieri a Quarta Repubblica
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