Se si vogliono comprendere i dispositivi di potere e il loro rapporto con i diritti della persona, non si può prescindere dalla concreta dinamica della relazione tra autorità e società. L’indebolirsi della seconda determina il concentrarsi del potere nella prima. Si tratta di una dinamica storicamente verificabile. Ed è noto che se si isola la persona rendendola solo individuo, la sua debolezza rispetto all’autorità diventa tale da consentirne la deriva autoritaria.
Non è un caso che la nostra Costituzione riconosce i diritti inviolabili alla persona («come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità», art. 2), non all’individuo; mai come ora bisognerebbe rileggere il discorso di Aldo Moro all’Assemblea Costituente del 13 marzo 1947: «non c’è politica di Stato veramente libero e democratico che possa prescindere da questo problema fondamentale e delicatissimo di stabilire, fra le personalità e le formazioni sociali, da un lato, lo Stato dall’altro, dei confini, delle zone di rispetto, dei raccordi».
Se non c’è Stato democratico senza raccordo tra la persona e i suoi diritti e l’autorità, oggi il tema, «delicatissimo», è quanto mai attuale. Basta pensare a pochi fatti. Lo faremo senza citare la questione del green pass, per provare ad approfondire lo sguardo rispetto al presente.
Il primo: le scuole inglesi progettano di introdurre il riconoscimento facciale dei bambini per verificare chi possa accedere, chi abbia diritto alla mensa e così via; il secondo: secondo uno studio di Carnegie Endowment for Insitutional Peace, nel 2019 il 43% degli Stati) ha utilizzato tecnologie di riconoscimento facciale per scopi di sorveglianza, senza quasi mai regolarne le condizioni di impiego; il terzo: nel mese di marzo il Garante italiano per la protezione dei dati personali, con il parere n. 127, ha censurato il “Sistema Automatico di Riconoscimento Immagini” in uso dalla Polizia di Stato fin dal 2107 per confrontare l’immagine di individui sospetti con quelle incluse nei database delle forze dell’ordine e poi esteso ad un elenco molto lungo di 10.000 volti; il quarto: il 1° giugno 2020 un gruppo di senatori democratici e repubblicani ha presentato una proposta bipartisan (l’Exposure Notification Privacy Act) per garantire che i nuovi strumenti digitali di contact tracing, introdotti per combattere il coronavirus ma applicabili ad una serie estesa di dati biometrici, non ledano la privacy; il quinto: secondo il rapporto di International network of civil liberties organizations, il riconoscimento facciale viene utilizzato per finalità di sorveglianza di massa nel Regno Unito, in Israele – dove i cittadini palestinesi che provengono dalla Cisgiordania sono sottoposti ad una sistematica identificazione biometrica –, in Russia – dove viene utilizzato per identificare i partecipanti a manifestazioni anti-governativa – ed in svariate altre nazioni con scopi sostanzialmente politici; il sesto: la Corte Suprema cinese, con precedente vincolante, ha affermato che le informazioni facciali vanno incluse tra quelle biometriche e personali che debbono essere protette; il settimo: in United States v. Moalin, nel settembre 2020, la Corte di Appello del IX Distretto ha dichiarato illegittima la sorveglianza di massa praticata dallaNational Security Agency; l’ottavo: durante l’emergenza pandemica, con il supporto dell’Agenzia spaziale europea, è stata realizzata un’applicazione (Crowdless) che consente attraverso i sistemi di geolocalizzazione (Google Mapse Google Places) di essere informati sull’affollamento dei luoghi ma, una volta scaricata, traccia la localizzazione dell’utilizzatore; il nono: come riportato dal New York Times, nelle maggiori metropoli cinesi è in corso un massiccio test, guidato dalla banca centrale, che consente di ricevere una piccola somma di valuta digitale grazie ad una lotteria offerta su applicazioni diffuse tra il grande pubblico, sicché gli yuan elettronici possono quindi essere spesi mostrando un codice QR prodotto dall’applicazione; il decimo: nel suo policy briefdi ottobre 2020, Global Network Initiative ha indicato venti iniziative governative che, regolando il dibattito online, hanno, di fatto, limitato la libertà di espressione individuale.
Tre sistemi – tecnologia, finanza e politica – vanno drammaticamente convergendo verso la digitalizzazione dell’individuo (che smette di essere persona) e, quindi, l’ulteriore smembramento della società. Tuttavia, i modelli democratici che conosciamo si reggono esattamente su società forti ed aperte, in grado di provvedere da sé ad alcuni bisogni collettivi, di partecipare alle scelte dello Stato con le proprie organizzazioni, di essere contrappeso del potere pubblico. La persona, «come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità», è in grado di rendere l’autorità strumento per il godimento diffuso dei diritti ed affermare l’uguaglianza; è il sovrano costituzionale. Il singolo, reso entità digitale, può opporsi o uniformarsi, ma torna ad essere irrimediabilmente suddito.