Una nazione ‘post-secolare’?

di 28 Giugno 2021

(In morte di Edward de Bono, promotore del ‘pensiero laterale’, e nel centesimo compleanno di Edgar Morin, indagatore della complessità).

Quella che stiamo vivendo, dice paradossalmente Habermas, è l’era post-secolare. Un’era di passaggio da un secolarismo ideologico, esausto, in stato confusionale, alla riscoperta del trascendente, se non propriamente del sacro. 

Sia pure, purtroppo, con un codazzo di integralismi della più diversa composizione, che di religioso hanno ben poco. Esasperandone le pretese, bollate, da noi, come manifestazioni di populismo e, altrove, di sovversivismo di marca terrorista.

In ambito internazionale, non più di geo-politica, bensì di separate identità, si è tornato a parlare. Dei distinti e asseritamente inconciliabili valori del Confucianesimo, dell’Islam, della Cristianità ortodossa. Smentendo tanto la ‘fine della Storia’ vaticinata da Fukuyama, resuscitando invece il ‘conflitto di civiltà’ evocato da Huntington.

Papa Francesco fa del suo meglio per tenere la Chiesa al passo con i tempi. Eppure c’è chi, in America, accusa il cattolico praticante Biden di voler attenersi al suo mestiere di presidente al disopra delle parti. Da noi, che il Vaticano abbia avuto l’ardire di sollevare alcune perplessità sul progetto di legge Zan non avrebbe dovuto sorprendere più di tanto.

Specie per l’esistenza dei Patti Lateranensi che nel 1929 posero fine alla ‘questione romana’, aggiornati da Craxi nel 1984. Né si dimentichi la cavouriana “libera Chiesa in libero Stato”. Ad un Concordato, Napoleone stesso ritenne utile ricorrere nel 1801, per prosciugare gli eccessi della Rivoluzione. 

In una società, quella italiana, che del rapporto con la Chiesa ha fatto la sua storia, non di ingerenza quindi si può trattare, ma di legittima richiesta di “tenere in conto le suddette considerazioni”. 

L’affermazione di un’astratta sovranità isola, così come un individualismo esasperato soffoca quel bisogno di empatia con ‘qualcosa’ più grande di sé. Il fatto è che, come al momento dell’abbattimento delle Torri di New York, il nostro incomparabile vignettista Altan fece dire ad una delle sue donnine discinte, dallo sguardo sognante: “Dobbiamo ricominciare a pensare, ma non mi ricordo più come si fa”.

Non ci siamo mai ripresi. Lasciando il campo libero ai vari ‘influencer’ tatuati che, loro, pontificano. “Pensate, prima che sia troppo tardi!” fu l’esortazione dell’ultimo libro di Edward de Bono. “Sono un laico, laicaccio –confessò persino Montanelli- ma molto interessato a questa faccenda della Chiesa”. 

“Mai come oggi – aggiunge il libanese Amin Maalouf – è necessario pensare fuori dagli schemi, immaginare un futuro su basi diverse. Forse la pausa che la Storia ci ha imposto nell’ultimo anno servirà per riflettere, per smorzare le tensioni identitarie”.

Forse. Ad evitare il più volte paventato tramonto dell’Occidente. Dal quale l’intero sistema internazionale liberale, inclusivo, dipende.

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