Il colmo per un diplomatico è perdere il suo interlocutore; non che concordi necessariamente con le sue considerazioni, ma che ascolti attentamente ed esponga chiaramente le proprie.
Per decenni, durante la Guerra fredda, il negoziato con la Russia era un dialogo fra sordi; destinato apparentemente a durare. Quello dell’Europa con l’Islam, viziato da una reciproca indifferenza. La Cina era lontana.
Il sistema internazionale, oggi sclerotizzato, non può essere ricomposto che mediante la ripresa di un interscambio a più livelli che, nel riconoscimento delle comuni esigenze in un mondo globalizzato, esprima le legittime pretese e intenzioni di ognuno. Un’esigenza che tarda a manifestarsi a Mosca, a Pechino; ma anche a Washington. Non soltanto nell’Unione europea, regolarmente accusata di non decidersi a fissare una propria politica estera e di sicurezza.
Per quanto ci riguarda, il nuovo Primo Ministro ha ritenuto necessario ribadire nella consapevolezza nazionale gli antichi termini di riferimento esterni. Alquanto sbiaditi col passar del tempo, europeismo e atlantismo vanno comunque rivisitati e ridefiniti, rispetto alle nuove circostanze internazionali.
Lo stesso nuovo Presidente americano, consapevole della sopravvenuta, inedita, necessità di un puntello europeo per ricomporre la coesione nazionale, esorta gli alleati a darsi da fare. Un’occasione storica, si dovrebbe dire, per riportare l’Europa, e con essa l’Italia, al proscenio della politica mondiale. Con tutto quel che accade alle porte di casa nostra, l’Italia è però assente.
Il nostro nuovo governo, ‘di salvezza nazionale’, si avvale dell’autorevolezza all’estero di un Primo Ministro ‘apolitico’. Una circostanza che ha però di riflesso rivelato lo scompiglio esistente in tutte le formazioni politiche che ha radunato attorno a sé. Che lo sostengono distrattamente, prive come sono di concordia nelle intenzioni e di condivisione delle responsabilità.
Tenendo la barra sui ‘fondamentali’, che risiedono a Bruxelles e Washington, il Presidente Draghi non ritiene apparentemente urgente riportare l’Italia nelle sedi decisionali sulle altre questioni di politica estera, abbandonandone la gestione alle cure di un Ministro non fra i più competenti.
Il dibattito nazionale in proposito, piuttosto che sulle questioni di nostro più diretto interesse Libia, nei Balcani, nei confronti della Russia, si è pertanto immiserito nelle accese polemiche sul viaggio personale di un ex-Premier in Arabia Saudita, a due settimane di distanza dalla medesima presa di contatto ufficiale del Ministro degli Esteri.
Prive ambedue di risultati concreti.