Trump, sprezzantemente, ne ha denigrato l’utilità; Macron, esortativamente, lo ‘stato comatoso’. Lo stesso Kissinger, ai suoi tempi, lamentava trattarsi di un “rapporto turbolento”: connaturato com’è stato sinora all’asimmetria funzionale fra le due sponde dell’Oceano, all’intrinseca diversità delle rispettive responsabilità.
Nelle attuali condizioni internazionali, oltre all’originaria ragione sociale di strumento di stabilizzazione politica e sicurezza collettiva sul teatro europeo, l’Alleanza atlantica ha messo a disposizione degli Stati membri la propria capacità di proiezione ‘fuori area’, per affrontare le sopravvenute crisi; nei Balcani, in Afghanistan, Irak, Libia.
Ciò implica un concorso degli Stati membri non più preordinato, bensì a geometrie variabili, ‘ad hoc’, costruite di volta in volta, a seconda delle specifiche esigenze.
Con il ritorno della normalità alla Casa Bianca, il rapporto transatlantico va quindi, non soltanto ristabilito, ma soprattutto ricalibrato. Alla luce dei tanti nuovi cambiamenti accaduti nel frattempo fuori dal ristretto radar strategico di Trump.
Essenziale sarà quindi ora impostare delle consultazioni transatlantiche, di ordine politico e strategico, non più a valle, bensì molto più a monte, delle contingenze che già si prospettano all’orizzonte. Per identificare e affrontare per tempo il da farsi rispettivo. Nella ricomposizione, adeguata ai tempi, di quell’Occidente che le attuali circostanze richiedono.
Un rapporto della Harvard Kennedy School, intitolato “Stronger Together” indica le direttrici strategiche che una tale consultazione rafforzata dovrebbe perseguire (l’ordine è di per sé significativo): Economia e commercio; Sicurezza e difesa; Cina; Russia; Energia e Clima; Democrazia; Tecnologia; Medioriente e Nordafrica.
L’America, dice Biden, è tornata. Ma il convoglio europeo tarda a rimettersi carreggiata, nella perdurante assenza degli ingranaggi istituzionali e del propellente politico. Andrà soprattutto chiarito il significato di quella ‘autonomia strategica’ che Macron invoca da tempo.
Alla cui definizione è chiamata anche la Gran Bretagna, distaccatasi dalle istituzioni europee ma non dalla sicurezza continentale. Mentre la Germania si trova ad dover affrontare una prolungata fase di transizione; e l’Italia? Il nuovo governo si dichiara ben intenzionato, ma non ancora adeguatamente schierato, impegnato com’è nel riassorbire le antiche ambiguità nazionali.
L’Italia dovrebbe però rendersi conto di non poter più limitarsi, come in passato, ad eseguire disciplinatamente le decisioni alla cui definizione non ha partecipato. Né affidarsi al piccolo cabotaggio di quel ‘neo-Atlantismo’ di conio nazionale nel quale si è talvolta unilateralmente distratta in passato.