Riprendere il largo

di 12 Febbraio 2021

L’opinione pubblica italiana si indigna dei rapporti economici e militari, persino di quelli politici e personali, che intratteniamo con l’Egitto e l’Arabia saudita.

Non di quelli, da sempre alquanto accondiscendenti, con la Russia, dal comportamento interno e internazionale altrettanto riprovevole ma strategicamente determinante anche nell’ormai claustrofobico ambito mediterraneo.

La visita dell’Alto Rappresentante della politica estera europea Borrell a Mosca, destinata a stimolare un chiarimento dei rapporti bilaterali, si è risolta in un dialogo fra sordi. Al “dialogo esigente” che  Macron vorrebbe da tempo instaurare, Mosca controbatte, assai poco diplomaticamente, che l’Europa è “un partner inaffidabile”.

Al punto di espellere tre suoi diplomatici, equamente distribuiti fra Germania, Polonia e Svezia, rei di aver “partecipato” (recte, assistito) alle manifestazioni di piazza. A conferma, se ve ne fosse ancora bisogno, della riluttanza dell’attuale dirigenza russa a considerare l’Europa un interlocutore necessario o quanto meno utile, specie nel momento in cui l’America dice di essere “tornata”. 

Non del solo trattamento di Navalny e dei diritti politici interni si sarebbe dovuto trattare, ma di ‘resettare’ un più costruttivo rapporto fra due interlocutori che -dovrebbero finalmente convincersene anche a Mosca- non possono far a meno l’uno dell’altro. Il comportamento della Russia, intransigente sul piano interno, isolazionista su quello internazionale, denota invece un’introversione sintomatica di un disorientamento strategico.

Putin si ostina a voltare le spalle all’Europa, dalle regole condivise fissate nel decalogo di Helsinki e nel Consiglio d’Europa, che ha accolto la Russia e del quale la Corte Europea dei Diritti Umani è l’emanazione. Ma Putin ha deciso di alzare il ponte levatoio del Cremlino. Affidando  le manifestazioni di piazza ad un massiccio spiegamento di forze in assetto anti-sommossa.

Sorprende inoltre che da qualche tempo lo stesso Ministro degli Esteri Lavrov, nel rivolgersi all’opinione pubblica internazionale, invece di esprimersi ‘a braccio’ e in inglese, come da navigato diplomatico ha fatto per anni, non si discosti più dalla pagina scritta, rigorosamente in russo: la voce del padrone?

La sbandierata ‘democrazia sovrana’ pare aver perso il suo smalto, anche a casa nostra: gli affari interni non paiono poter continuare ad essere dichiarati esclusivamente interni. Motivo di più per non abbandonare la partita, nei confronti dei nostri vicini, in Russia così come in Egitto. Purché in un ambito allargato. Affidando ad una diplomazia più propositiva il compito di ritessere le fila.

Interessante a tal proposito è che al possibile governo Draghi, imbarcati tutti gli interlocutori politici interni, si attribuisca anche l’incarico di ricollocare l’Italia nell’alveo euro-atlantico. 

Che evidentemente avevamo perso.

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