Priva di un governo coeso, di un profilo politico riconoscibile, di un’opinione pubblica convinta, la nostra politica estera continua nel piccolo cabotaggio, per improvvisazioni.
Ancora una volta l’emotività ha prevalso sulla necessaria lucidità. Inducendo i nostri massimi esponenti ad un’umiliante trasferta ‘in partibus infidelium’ (contigue allo stesso Egitto, nostro massimo imputato mediterraneo).
Il felice esito umanitario ottenuto a Bengasi è stato conseguito con modalità che, oltre ad aver leso le prerogative della diplomazia e dei servizi di sicurezza, hanno gravemente danneggiato la nostra immagine internazionale in una regione dalle molteplici fragilità. Nella quale siamo immersi, con le preminenti responsabilità che ci dovrebbero competere. Da travasare in ambito europeo, nostro naturale ambito diplomatico ed operativo.
Non di fredda realpolitik si può parlare, ma di dilettantismo, aggravato da un protagonismo bicefalo a mero uso interno. Il che, invece di raccogliere le necessarie solidarietà, ci emargina ulteriormente, rispetto a questioni che non possono comunque essere affrontate, tanto meno risolte, bilateralmente.
Inverosimilmente, nel calderone dei soliti più disparati commenti, è comparsa persino l’asserita necessità di disporre di uno strumento militare nazionale che ci consenta (cito) “una plateale e protratta esercitazione militare ai confini delle loro acque territoriali” (sic), giacché “la difesa dei diritti umani non può prescindere dalla forza militare” (sic).
Che tale soluzione, all’estremo opposto e altrettanto bizzarra del conferimento di un’onorificenza, possa incidere sull’atteggiamento dei nostri difficili vicini di casa, rimane tutta da dimostrare.
Da preferire rimane ovviamente il coinvolgimento corale dei partner europei più direttamente interessati, rivolto anche ad ottenere che la nuova amministrazione americana vi si affianchi. Ed esigendo il ritorno di Russia e Cina nell’alveo dell’ONU.
La presidenza del G20 che ci spetta fra qualche giorno ce ne fornisce l’occasione. Da non sprecare.